
Con la sesta edizione di DigitaLife , la rassegna romana ha deciso quest’anno con Luminaria di puntare sulla luce, nell’Anno Internazionale a essa dedicato.
La rassegna dedicata alle connessioni fra le nuove tecnologie e i linguaggi artistici contemporanei ideata e prodotta dalla Fondazione Romaeuropa grazie al sostegno di Regione Lazio, Assessorato Cultura e Sport di Roma – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e Acea, sezione hi-tech del Romaeuropa Festival, proporrà infatti quest’anno 11 opere dedicate alla luce, che coabiteranno fino all’8 Dicembre negli spazi de La Pelanda, realizzando un vero e proprio festival nel festival, e affiancando al percorso espositivo un serrato calendario di eventi e performance di musica, danza, elettronica e video.
Con il coordinamento e la cura di Daniele Spanò, consulente artistico e guida inaugurale del percorso, Luminaria presenta molteplici e sorprendenti modulazioni creative, focalizzate sulla luce come metafora di vita e conoscenza, ma anche come agente fisico e potente generatore di mondi, di forme, di percorsi, di sensorialità ulteriori.
Naturale o artificiale, riflessa o assorbita, la luce interroga differenti ambiti disciplinari, dalla fisica quantistica alla religione e fino all’arte visiva: siano esse sperimentali, ludiche, interattive, capaci di produrre immagini e paesaggi sorprendenti, le 11 opere in mostra trasformano lo spazio espositivo in una vera e propria scatola nera plasmata e disegnata dalla materia luminosa.
In questo spazio tutto dedicato alle percezioni si collocano le 100 lastre di plexiglas attraversate da un fascio luminoso dell’opera di Nicolas Bernier, FREQUENCIES (LIGHT QUANTA), che grazie alla sua ritmica, sonora e luminosa, si fa lente di ingrandimento sulle particelle infinitesimali dei Quanti, e la teca di vetro sospesa a mezz’aria, riempita di fumo e attraversata da raggi luminosi, costruita da Martin Massier per la sua Boîte Noire: un tentativo di visualizzazione tridimensionale del suono attraverso l’interazione di luce ed elementi naturali primari.
Mentre ci conducono all’interno della cultura giapponese le proiezioni luminose di Joanie Lemarcier che in Fuji (??) costruisce un ambiente immersivo multisensoriale dove prende vita una visione poetica ispirata a una delle fiabe più rilevanti della cultura nipponica (Storia di un tagliabambù o Kaguya Hime no monagatari).
Un paesaggio astratto è invece quello creato da Pietro Pirelli (già a Digitalife 2014 con Arpa di Luce) per Idrofoni o Lampade Sensibili, dove fonti luminose che interagiscono con la limpidezza dell’acqua reagendo alla parola, al canto, al suono di uno strumento, oppure all’ambiente che le circonda. Un altro tipo di interazione è invece quella creata dall’opera di Alexandra Dementieva, BREATHLESS, dove semplicemente respirando lo spettatore potrà alterare il processo di illuminazione delle tre gabbie in cui è invitato a entrare.
Sarà ancora il soffio dei passanti sul microfono del proprio cellulare a produrre una “tormenta” in grado di modificare i lineamenti dei protagonisti dell’opera, in Tourmente di Jean Dubois, mentre Maxime Damecour nella sua opera TemporAIR simula in modo sorprendente l’effetto visivo della tecnica di montaggio cinematografico chiamata“jump-cut”, qui generata da luci stroboscopiche e movimenti programmati.
Dal cinema espanso, ricostruito nello spazio attraverso la luce, all’arte nei video con la rassegna di video arte curata da Le Fresnoy, e il film The Lack di Masbedo, che racconta la condizione della donna nella contemporaneità.
Se nell’opera di Samuel St-Aubin le sculture cinetiche autonome De choses et d’autres riflettono sull’imprevedibilità della natura, luce e robot diventano un potentissimo connubio in Inferno, l’affascinante e oscura istallazione/performance robotica di Bill Vorn e Louis-Philippe Demers, coreografia di infernali esoscheletri che tra suoni e luci infliggono i loro movimenti agli spettatori invitati a indossarli.
Sempre Demers è il creatore della performance The Blind Robot: due bracci meccanici, compresi di mani articolate, toccano delicatamente il volto del visitatore per restituirlo in forma di immagine. Un Live set per trottole in plexiglass trasparente, infine, quello creato da Myriam Bleau nel suo Soft Revolvers: il giocattolo diviene vero e proprio strumento musicale per un concerto elettronico fuori dal comune.
La novità di questa edizione di Digitalife è la collaborazione con Elektra–Festival D’Arte Digitale di Montréal (Quèbec), ed il sostegno della Delegatio du Québec Italia – Conseil des Arts du Quèbec, e il patrocinio della Direzione generale Arte e architettura contemporanee e periferie urbane–MiBACT, mentre si consolida il partenariato con Le Fresnoy–Studio national des arts contemporains (Tourcoing, Francia), siglato nel 2014 con una convenzione quinquennale, e la media partnership con RAI Radio2 che seguirà il progetto attraverso una diretta e contenuti speciali su radio e web.
L’invito aperto è quello di andare a vedere per credere, a Roma fino al 6 dicembre.