Normativa

Una nuova norma UNI per il controllo del flusso luminoso disperso

(courtesy photo: CieloBuio)

È nella fase di inchiesta pubblica la nuova norma UNI sull’inquinamento luminoso – in sostituzione della attuale UNI 10819 – che allarga il campo di applicazione al controllo di tutto il flusso luminoso disperso, non solo a quello verso l’emisfero superiore, ma prende in considerazione anche la cosiddetta “luce intrusiva”

Com’è facile intuire tutto il flusso luminoso che non incide sulla superficie oggetto di un compito visivo può essere a buon titolo definita “luce dispersa”. Per gli impianti di illuminazione esterna questo tipo di flusso, oltre ad essere di fatto un inutile spreco di energia e ridurre la visibilità del cielo, può produrre effetti potenzialmente dannosi sia sui sistemi biologici (piante e animali) che sull’uomo.

Fin dalla fine degli anni ‘90 l’ente italiano di normazione UNI, sempre attento agli sviluppi delle nuove tecnologie e del rispetto per l’ambiente, si era impegnata nella stesura di una norma specifica ( la UNI 10819:1999) con lo scopo, appunto, di definire i “Requisiti per la limitazione della dispersione verso l’emispazio superiore del flusso luminoso”.

Quasi contemporaneamente il processo di sensibilizzazione promosso da alcune organizzazioni internazionali (International Dark-Sky Association ) e nazionali (Cielo Buio) ha portato alla stesura delle prime leggi regionali finalizzate al controllo dell’inquinamento luminoso e del consumo energetico da esso conseguente, anche superando – in alcuni casi – i limiti imposti dalla norma che è stata comunque adottata in diverse regioni (figura 1).

Figura 1 – L’Europa: vista satellitare notturna (cortesia foto: NASA)

L’itinerario di revisione normativo fino ai CAM

Fortunatamente nel corso degli ultimi vent’anni abbiamo assistito ad una crescente presa di coscienza collettiva del problema che ha portato alla sempre più incisiva revisione di alcune leggi regionali nonché alla stesura dei CAM (Criteri Ambientali Minimi) definiti nell’ambito di quanto stabilito dal Piano per la sostenibilità ambientale dei consumi del settore della pubblica amministrazione.

Purtroppo questo solerte sviluppo legislativo non sempre si è dimostrato coerente e coordinato ed ha portato alcune regioni alla stesura di documenti per il contenimento dell’inquinamento luminoso con parametri di controllo differenti e talvolta tecnicamente inutili, inapplicabili o superati.

Questa situazione disomogenea oltre che rendere difficile per produttori e progettisti lo sviluppo di prodotti e impianti ottimali di fatto rende impossibile la definizione di un obiettivo nazionale coordinato e il raggiungimento di risultati coerenti comuni.

Per cercare di affrontare in modo organico questa situazione circa due anni fa la CT23 dell’UNI ha dato avvio alle attività di revisione della norma già citata.

Il tavolo di lavoro – che ha riunito una nutrita rappresentanza di professionisti dell’illuminazione esterna e del controllo dell’inquinamento luminoso (produttori, illuminotecnici, Enti di controllo (ENEA e ARPA) – si è posto l’ambizioso obiettivo di redigere un nuovo documento che oltre ad essere riferimento tecnico per tutti i operatori del settore fungesse anche da linea guida per le future leggi regionali e/o nazionali.

La nuova norma

Data l’ormai corposa e difforme produzione legislativa regionale esistente si è deciso di non seguire le orme della vecchia UNI 10819:1999 prescrivendo valori limite del tutto inapplicabili ma di orientarsi piuttosto sulla definizione di metodi di valutazione mediante parametri calcolabili e misurabili riconosciuti da tutta la comunità scientifica.

Allo scopo di allargare il campo di applicazione al controllo di tutto il flusso luminoso disperso e non solo a quello comunemente noto come inquinamento luminoso (e cioè quello verso l’emisfero superiore) è stata presa in considerazione anche la “luce intrusiva”.

Questa luce di fatto è quella emessa da un impianto di illuminazione che cade all’esterno della zona per la quale l’impianto di illuminazione è stato progettato e che a causa di attributi quantitativi, direzionali o spettrali in un dato contesto può divenire molesta producendo fastidio, disagio, distrazione o riduzione della capacità visiva.

Indice di valutazione della componente spettrale ISg

Per valutare l’effetto biologico delle sorgenti utilizzate, poiché il valore di CCT non è una misura perfetta della luce blu emessa dalle sorgenti, è stato introdotto inoltre un indice di valutazione della componente spettrale ISg, equivalente al G-index già introdotto dal Green Public Procurement del 2018 (JRC).

Questo indicatore caratterizza meglio le proprietà spettrali delle sorgenti luminose, relativamente alla quantità di luce blu emessa rispetto alla radianza totale consentendo una più corretta valutazione di impatto ambientale (figura 2).

Figura 2 – Correlazione fra CCT e ISg (G-index) per differenti tipologie di sorgenti (confronto specifico a 3000K evidenziato) (cortesia dell’Autore)

Gli ambiti applicativi

Allo scopo di fornire uno strumento tecnico di riferimento che consenta di affrontare in modo univoco tutte le problematiche legate alla valutazione del flusso disperso sono prescritti specifici metodi di calcolo e verifica provenienti da sorgenti di luce artificiale in tutti gli ambiti applicativi esterni siano essi già coperti o meno da specifiche norme tecniche nazionali o europee.

Particolare attenzione è stata posta nel metodo di valutazione degli impianti di modesta
entità, ovvero piccolissimi impianti di illuminazione esterna ad uso privato e per i quali può non esistere e non essere necessario alcun tipo di progetto.

Tutti gli ambiti applicativi in cui è richiesta la redazione di un elaborato di progetto fanno invece riferimento ai parametri di controllo indicati nella tabella seguente ed utilizzabili in funzione del tipo di impianto:

  • illuminazione nei luoghi di lavoro in esterno;
  • illuminazione stradale;
  • illuminazione dei campi e aree sportive in esterno;
  • illuminazione monumentale e architettonica;
  • illuminazione delle aree esterne degli edifici residenziali;
  • illuminazione delle aree esterne di parchi e giardini.

L’adozione di diversi criteri di valutazione si è resa necessaria al fine di semplificare il processo progettuale e di verifica degli enti di controllo sulla base delle metodologie di calcolo normalmente adottate in funzione dei differenti ambiti applicativi.

I parametri possono essere oggetto di sola valutazione progettuale (calcolo di verifica e approvazione) o anche di misura in campo (figura 3).

Figura 3 – Ambiti Applicativi e Parametri di controllo (cortesia dell’Autore)

L’introduzione del coefficiente h

Data l’approssimazione estremamente semplicistica del modello della “radiosity”, per il quale le superfici riflettenti sono di tipo Lambertiano (diffondenti pure) e ancora oggi utilizzato nelle procedure di calcolo dei programmi illuminotecnici, l’unica valutazione che può essere effettuata con un certo grado di affidabilità è quella del flusso diretto disperso nell’ambiente.

Pertanto tutti i modelli di calcolo adottati sono finalizzati al calcolo di questa porzione del flusso luminoso senza tenere in alcuna considerazione la componente riflessa.

Per rendere però un po’ più affidabile il calcolo della luminanza utilizzata come parametro di controllo per gli impianti di illuminazione architettonica è stato introdotto l’utilizzo del coefficiente h che descrive la componente speculare della superficie e la cui valutazione può essere resa ancor più precisa nel caso in cui si conosca il GLOSS o il q (BDRF) della superficie.

Nella tabella (figura 3) ad alcuni indici più o meno noti appare un nuovo indice definito (Rfd) “rapporto tra flusso diretto verso l’alto non intercettato dalla struttura e flusso nominale totale che fuoriesce dall’impianto di illuminazione”. Questo parametro viene utilizzato per la valutazione della quota di flusso disperso generato da impianti complessi di qualsiasi dimensione e configurazione garantendo una valutazione corretta e comparabile dei valori anche se ottenuti con differenti programmi di calcolo.

Questo tipo di procedura calcola di fatto il flusso responsabile dello Upward Lighting Ratio (ULR) già implementato in alcuni programmi illuminotecnici ma con procedure di valutazione sconosciute che in alcuni casi test hanno fornito valori errati o eccessivamente approssimativi ma soprattutto non confrontabili.

Un capitolo a parte è dedicato al controllo delle insegne di esercizio e degli impianti pubblicitari in considerazione della specificità legata soprattutto alla loro struttura e alla variabilità di alcune tipologie di pannelli promo pubblicitari.

Verifiche e controlli

Poiché si sa che piuttosto che curare è meglio prevenire per evitare la realizzazione di impianti “inquinanti” sarebbe opportuno effettuare una verifica preventiva della documentazione progettuale prima che l’impianto venga realizzato.

Per questo al fine di dichiarare la conformità dell’impianto di illuminazione limitatamente agli aspetti che influenzano l’inquinamento luminoso e alle norme cogenti, sono previste quattro tipi di verifiche che possono essere liberamente adottate dall’ente di controllo ma i cui costi, come evidente, sono crescenti in ragione della tipologia di procedure da adottare.

In particolare distinguiamo:

1) la verifica istruttoria documentale atta a verificare la conformità del progetto dell’impianto di illuminazione;

2) la verifica geometrica sul campo atta a verificare la conformità dell’impianto di illuminazione alle scelte progettuali, considerando la reale situazione sul campo;

3) la verifica fotometrica sul campo essenzialmente quantitativa, che prevede misurazioni fotometriche e spettroradiometriche sul campo o in laboratorio ed infine,

4) la caratterizzazione dell’impianto ovvero una serie di misurazioni finalizzate a quantificare, con l’accuratezza dettata dalle esigenze, le grandezze introdotte dalla presente norma.

Conclusioni

Il lavoro fin qui svolto ha visto il pieno supporto degli enti di controllo che hanno attivamente partecipato alla discussione che ha portato alla stesura condivisa di questo documento.

L’impostazione, priva di limiti quantitativi adottata in questa norma, ci fa ben sperare che possa diventare, nel prossimo futuro, punto di riferimento per la stesura delle nuove leggi regionali che potranno finalmente essere omogenee nei metodi di valutazione, lasciando ai legislatori la libertà di definire limiti specifici in ragione delle politiche ambientali adottate.

(a cura di ing. GianPiero Bellomo – Tech-Nyx srl, membro CT 23 UNI “Luce e Illuminazione” e coordinatore del gruppo di lavoro GL 08 “Inquinamento Luminoso”)