Design e Product Engineering

Una fertile collaborazione

 

Il primo disegno di studio per la lampada ‘Tolomeo’ (design: Michele De Lucchi con Giancarlo Fassina) (cortesia: Michele De Lucchi) (cortesia: Artemide)

Uno spazio che propone una serie di casi esemplari della relazione fra luce e design, declinati ogni volta da una parola guida.

Parole Guida: DESIGN E PRODUCT ENGINEERING

“Architetto, ma invece di tutti questi schizzi, non potrebbe farci un bel disegno esecutivo?” “Se volete gli esecutivi rivolgetevi a Zanuso”. Così tagliava corto Aldo Rossi con i tecnici di Alessi, che insistevano per ottenere specifiche più dettagliate di progetto. Marco Zanuso non si sarebbe offeso: da quando, neoarchitetto e militare di Marina, aveva trascorso gli anni di guerra all’interno di incrociatori e sommergibili, aveva capito quanto l’architettura e il design avrebbero dovuto imparare dagli ingegneri e non solo per il rinnovamento dei codici estetici, come aveva proclamato Le Corbusier dalle pagine dell’ Esprit Nouveau.

Ma i processi di industrializzazione, come Zanuso sapeva, richiedono competenze: Richard Sapper, uno dei più capaci product industrial designer italiani – con cui Zanuso ha co-firmato per un decennio i suoi oggetti – è stata la figura-ponte tra design e product engineering che ha permesso di gestire integralmente all’interno dello studio il processo di progettazione.

Ci fu un tempo in cui anche gli ingegneri disegnavano. Dante Giacosa ricordava di essere entrato alla Fiat a 22 anni, appena laureato in ingegneria meccanica, con i galloni del disegnatore tecnico, che valevano, negli anni ‘20 del Novecento, molto di più della laurea in ingegneria.

Sorge il dubbio che la metodologia progettuale esecutiva, l’ engineering design process, ingegneri e designer italiani l’abbiano appresa all’interno della cultura di fabbrica, da quel saper fare esecutivo, produttivosperimentale, sedimentato infine nel disegno grazie al contributo di meccanici, elettricisti, stampisti e prototipisti. In un momento in cui, per varie e comprensibili ragioni, si vorrebbe il termine design sempre più slegato dalla parola  industrial, vale la pena ricordare come molto del “good design” italiano degli anni ’50 e ’60 sia uscito dalla fertile collaborazione tra la cultura del progetto e quella tecnico-ingegneristica di produzione.

Anche nel campo del lighting design sono diversi i casi di collaborazione tra designer con competenze e attitudini complementari nella formalizzazione e nell’ingegnerizzazione del prodotto. Il “Boalum” di Artemide nasce cinquant’anni fa da un’intuizione di Gianfranco Frattini sull’utilizzo di un tubo flessibile corrugato e dal non semplice  lavoro di ingegnerizzazione di Livio Castiglioni nel collegare tra loro sorgenti miniaturizzate attraverso sfere calamitate.

A proposito di fertili collaborazioni, ricorre quest’anno il trentesimo anniversario del premio Compasso d’Oro attribuito a due lampade: ‘Lola’ di Luceplan, di Alberto Meda e Paolo Rizzatto e ‘Tolomeo’ di Artemide, di Michele De Lucchi e Giancarlo Fassina.

Alberto Meda (un caso emblematico di integrazione tra la figura dell’ingegnere e quella del designer) arriva alla Luceplan di Riccardo Sarfatti nel 1984. La sua esperienza in Kartell come responsabile della produzione, compresa l’esperienza nell’ottimizzazione dei costi e delle risorse – come ricordava Meda – fece pensare a Sarfatti che fosse la persona più indicata per aiutare l’azienda nel cambiamento.

Dall’esperienza di Meda e dalla collaborazione con Paolo Rizzatto nasceranno alcuni tra i pezzi più “maturi” dal punto di vista tecnologico del lighting design italiano.

Diplomatosi all’Istituto superiore di ingegneria di Friburgo e poi laureatosi in architettura a Milano, Giancarlo Fassina entra in Artemide con il compito di strutturare un ufficio tecnico di progettazione con un reparto di modellistica e prototipazione, lavorando alla messa a punto di molti prodotti.

Dettaglio tecnico dello snodo di base della lampada ‘Tolomeo’ nella versione da tavolo (1987 – Compasso d’Oro 1989) (design: Michele De Lucchi, Giancarlo Fassina per Artemide) (cortesia: Artemide)

“Quando abbiamo realizzato il primo prototipo in alluminio della ‘Tolomeo’ – ricordava Michele De Lucchi in un’intervista a Francesca Picchi – non funzionava: o cadeva o la molla tirava troppo e quindi tornava di scatto in una posizione fissa: allora ci siamo fermati e abbiamo tenuto il progetto fermo (…) Eravamo nel 1986-87.

Poi un giorno, Fassina ha avuto l’idea di cambiare gli snodi e ha introdotto delle pulegge di nylon: grazie a questa intuizione ha funzionato correttamente (…). Se non ci fosse stato lui, Tolomeo non sarebbe mai nata.” Una fertile collaborazione tra design e product engineering.

Piero Palladino (ingegnere) e Cinzia Ferrara (architetto), iniziano la loro collaborazione nel campo del lighting design nel 1990. L’integrazione tra le due competenze è alla base dell’attività trentennale dello studio. Occuparsi, ad esempio, di lighting design in ambito urbanistico o museale con un doppio punto di vista architettonico e ingegneristico offre chiari vantaggi competitivi.

Recentemente e proprio su questa rivista Palladino ha messo in evidenza la stretta connessione che esiste in Italia tra l’alta formazione nel campo del lighting design e il futuro di studi con competenze integrate come le loro, impegnate nel campo del progetto e della formazione universitaria: se la trasmissione di conoscenza non può essere solamente teorica, ma va sostenuta dalla pratica professionale, si tratterà, nel futuro di un bel tema su cui riflettere.

(a cura di Dario Scodeller – critico e storico del design, Venezia)