
L’integrazione di sistemi insieme al web of things e alla domotica costituisce certamente una delle applicazioni più interessanti della nuova information technology e rappresenta un tema ineludibile anche per le imprese che si occupano di illuminazione. L’innovazione in questo campo, spesso indispensabile per competere sul mercato di alta gamma, deve però andare di pari passo con la consapevolezza degli strumenti giuridici che consentono di proteggere le innovazioni realizzate
Quali strumenti giuridici possono consentire a chi ha concepito l’innovazione di vantare a buon diritto (e, se del caso, di difendere) l’esclusiva su queste soluzioni? All’interno di questa galassia di innovazioni vi sono strumenti diversi per innovazioni diverse: e la scelta dello strumento giusto, fatta con l’assistenza di uno specialista, non è meno decisiva della qualità delle innovazioni realizzate.
E naturalmente non va dimenticata nemmeno l’esigenza di rispettare i diritti altrui: al riguardo va in particolare sottolineato che anche in presenza di soluzioni che siano diventate veri e propri standard sussiste la necessità – se sono ancora protette, in particolare da brevetti – di procurarsi le relative licenze, per non incorrere in contraffazione e dover quindi fronteggiare tutte le conseguenze sanzionatorie previste dall’ordinamento.

La tutela brevettuale e le “invenzioni di problema”
Certamente la tutela più forte alla quale si può pensare per le proprie innovazioni in questo campo è quella brevettuale, che consente di impedire a tutti, nei Paesi in cui è in vigore un valido brevetto, di attuare la medesima invenzione o un’altra equivalente o comunque dipendente, cioè tale che la sua attuazione comporti anche l’attuazione del brevetto “a monte”.
Si noti che la tutela brevettuale è in questi casi ammissibile anche per il software che sia applicato per la soluzione di uno specifico problema tecnico (per esempio quello di far dialogare sistemi diversi): i programmi per elaboratore sono infatti esclusi dalla protezione con il brevetto (in Europa, perché negli Stati Uniti la protezione è sempre ammessa) solo in quanto si intenda proteggerli “in sé considerati”, non invece quando producano un effetto tecnico ulteriore rispetto a quello che si verifica nell’elaboratore, e in particolare, appunto, quando servono a far funzionare impianti o sistemi integrati.
In relazione alla creazione di sistemi integrati nei quali gli impianti operano in modo sinergico, come è tipico dell’integrazione di sistemi, può anzi assumere particolare rilievo la categoria delle cosiddette “invenzioni di problema”, e cioè quelle in cui l’attività inventiva – requisito indispensabile per accedere alla tutela, insieme a novità, applicabilità industriale e liceità –, sussiste non a livello di soluzione, ma, a monte di essa, a livello di identificazione del problema tecnico da affrontare, naturalmente quando “pensare” a questo problema non risultava in modo immediato dalle esperienze precedenti.
Particolarmente adeguata a questo settore è la categoria delle cosiddette computer implemented inventions, la cui brevettabilità è pacificamente ammessa dalla case law dell’Ufficio Europeo dei Brevetti (e che anche la giurisprudenza italiana ha avuto modo di riconoscere, a partire dal leading case costituito da Lodo arbitrale, 13 dicembre 2004), sul presupposto che presentino un “effetto tecnico” (e vi è ampia casistica dell’Ufficio Europeo dei Brevetti per stabilire quando questa situazione si verifica e quando no) e naturalmente che siano inventive (il che, in settori spesso molto densi di invenzioni brevettate, non è sempre facile, perché il rischio è quello di essere stati anticipati, magari da brevetti stranieri non attuati, ma comunque presenti nelle banche dati brevettuali).
Sulla protezione del Design
Non va infine mai trascurato il design, specialmente quando l’integrazione di sistemi comprende l’illuminazione: la forma che rappresenta un plus per il mercato, e quindi è idonea ad essere protetta con la registrazione, non è soltanto quella esteticamente rilevante, ma può comprendere anche forme che siano user friendly o comunque accattivanti per l’utente.
Ed anche nella progettazione integrata vi è dunque un rilevante spazio per questo tipo di innovazioni.
In questo caso, almeno in Europa, il “vantaggio” rispetto ad altre forme di tutela sta nella possibilità di far “testare” al mercato queste forme e poi di proteggerle solo se sono risultate effettivamente interessanti, purché la registrazione segue entro un anno dalla prima presentazione agli “ambienti interessati”.
La protezione delle innovazioni nella progettazione integrata degli impianti passa poi comunque per un’adeguata contrattualizzazione, sia a monte, sia a valle di esse: a monte, da un lato per acquisire in licenza, come si ricordava all’inizio, eventuali diritti di terzi (anche tramite vere e proprie joint-ventures e/o operazioni di co-branding tra produttori di illuminazione e fornitori di servizi di system integration), e dall’altro per stabilire a chi spettano gli eventuali diritti (e ciò importa che per i dipendenti siano chiariti i loro compiti innovativi, in modo da attribuire al datore di lavoro i risultati di essi, e per le innovazioni realizzate su commessa, che si chiarisca l’effettiva portata dell’incarico); ed a valle, per disciplinare correttamente le licenze che di questi diritti vengano concessi ad altri soggetti e per tutelare la riservatezza delle informazioni (requisito indispensabile per la protezione di cui agli artt. 98 e 99 C.P.I., ma anche per evitare divulgazioni anteriori alla brevettazione, che ne comprometterebbero la validità), oltre che naturalmente per attribuire correttamente i diritti sulle eventuali innovazioni derivate.
Anche in questo caso, dunque, un’adeguata assistenza legale è fondamentale per valorizzare al meglio le proprie creazioni in questo campo e per evitare di violare, magari inconsapevolmente, diritti altrui.
(Avv. Prof. Cesare Galli, Studio IP Law Galli, Milano)