
In ambito universitario la formazione del Lighting Designer in Italia può contare su pochi corsi specialistici – obbligatori o facoltativi – inseriti nelle Facoltà di Architettura o del Design.
Gli argomenti relativi all’illuminazione sono regolarmente trattati nei corsi di Fisica Tecnica: ad essi sono riservate un numero limitato di ore di didattica, a discrezione del docente.
L’obiettivo dei corsi specialistici – che si compongono solitamente di 50 ore di didattica – è fornire agli studenti gli elementi teorici di base della materia; in alcuni si arriva alla redazione di progetti “tipo”, con esercitazioni dedicate al calcolo dei parametri principali di progetto.
Da un punto di vista formativo, lo studente dovrebbe giungere alla consapevolezza che per ogni specifica applicazione è necessario un idoneo sistema d’illuminazione: in altri termini, lo scopo di questi corsi è sensibilizzare architetti e designer sull’importanza del lighting design.
Alcuni di questi studenti avranno modo in futuro di approfondire le tematiche dell’illuminazione e diverranno Lighting Designer; altri – consci dell’importanza del progetto d’illuminazione – si rivolgeranno ai loro “colleghi” Lighting Designer per valorizzare i loro progetti di architettura e di design.
Appare quindi evidente che la formazione universitaria da sola non può dare direttamente accesso alla pratica professionale: sarebbe come pretendere che un laureato in medicina generale fosse già specializzato.

Veniamo ai Master in Lighting Design. Si tratta di corsi annuali che prevedono un monte ore suddiviso in didattica frontale, workshop in aula e stage individuale obbligatorio presso aziende, enti, studi professionali. Gli studenti sostengono un esame con votazione finale e sono potenzialmente pronti per affrontare situazioni lavorative: dopo l’esame, molti di essi trovano lavoro presso aziende del settore, distributori, studi di progettazione, etc.
Un Master può a tutti gli effetti essere equiparato ad una specializzazione medica in quanto crea specialisti in Lighting Design. Tutto ciò premesso, occorre però fare alcune precisazioni. Un medico specializzato in cardiologia non può da subito eseguire operazioni a cuore aperto, per farlo dovrà seguire un percorso nel quale sarà accompagnato da colleghi più esperti: questo significa che per crescere bisogna imparare da qualcuno.
Quando si parla di design della luce, ovvero di progettazione dell’illuminazione, i centri dove le opportunità di crescita sono maggiori sono gli studi professionali. Dal momento che nel nostro Paese non ci sono molti studi specializzati è evidente che esiste uno scompenso tra domanda e offerta. Questo è il motivo per cui tanti professionisti che operano nel settore non raggiungono alti livelli di competenza.
Esiste poi un problema specifico della materia, che si presenta vasta e profonda. I temi legati all’illuminazione richiedono una buona preparazione teorica e sono affrontati in ambiti dove – complice anche la formula della laurea triennale/ magistrale – le materie e l’approccio scientifico sono stati negli ultimi anni molto ridimensionati: il limite tecnico può quindi costituire un ostacolo che non consente di raggiungere livelli elevati di professionalità.
Per quanto concerne invece i Master, direi che in Italia ne abbiamo di ottimi: il problema risiede nel fatto che gli studenti provengono da iter formativi differenti e l’offerta didattica va necessariamente adeguata alle reali capacità di apprendimento dell’intera classe.
In conclusione, vorrei dire che è opinione diffusa – anche tra gli studenti – che l’illuminazione si progetta con il computer. Riuscire a far “girare” un software illuminotecnico conferisce l’immediata consapevolezza di aver raggiunto l’obiettivo finale e di non aver più nulla da imparare. Credo che questo modo di pensare genera sistematicamente mediocrità.
Pietro Palladino