
moderna, per la realizzazione di progetti illuminotecnici, questa antica sorgente luminosa (courtesy photo: Sedis Light Technology)
Le tecnologie di misura di ultima generazione si mettono disposizione della storia dell’illuminazione: con un esperimento peculiare, in quanto solo un goniofotometro come Photoglobe 4FA di tipo 4 (secondo EN 13032-1) e goniofotometro di tipo C (LM 79-08) può permetterlo, per la prima volta viene effettuata la misura fotometrica di una fiamma di candela
Il fuoco è stato la prima sorgente luminosa nella storia dell’umanità. Nell’Età della Pietra, gli uomini delle caverne compresero che il fuoco non serviva solo per la preparazione del cibo e per scaldarsi, ma poteva essere utilizzato anche per illuminare.
Oltre 20.000 anni fa l’uomo realizzava così il primo apparecchio d’illuminazione della storia, usando una pietra con una cavità semicircolare riempita con grasso animale in cui era immersa una fibra vegetale per mantenere la fiamma.
Con il progredire della civiltà, pur mantenendo lo stesso principio di funzionamento – ovvero una fiamma alimentata da uno stoppino immerso nel grasso – le lampade hanno acquisito anche una dimensione estetica oltre a quella funzionale.
Le antiche civiltà hanno così realizzato lampade in pietra, ceramica o metallo, spesso con elementi decorativi estremamente raffinati, dando così origine alla storia del Design nell’illuminazione.
Gli artigiani di un tempo si erano inoltre resi conto che, appendendo le lampade ai soffitti, l’illuminazione veniva percepita più uniforme ed intensa. Da questa intuizione nacquero le prime lampade a sospensione, spesso di squisita fattura e realizzate con metalli preziosi.
Il problema dell’illuminazione delle vie di accesso agli edifici più importanti venne risolto posizionando delle torce a bordo strada, creando in tal modo i primi modelli di segnapasso. Allo stesso modo, le torce fissate ai muri interni o esterni degli edifici divennero i primi wall washer.
La comparsa della candela
Circa 5.000 anni fa in Egitto la candela venne menzionata per la prima volta; furono però i Romani i primi a guadagnarsi fama mondiale nella produzione di tali sorgenti luminose, le cui caratteristiche rimasero da allora pressoché invariate fino a quando nel 1825 fu creata la candela stearica, resa celebre da Meucci e nota come la candela di Garibaldi.
L’invenzione dei lampioni a gas permise in seguito di realizzare i primi sistemi d’illuminazione stradale moderna nelle città, sempre usando il fuoco come sorgente luminosa.
Con l’avvento dell’elettricità, l’invenzione della lampadina ad incandescenza ha rappresentato un’autentica rivoluzione, sostituendo all’interno degli apparecchi d’illuminazione la fiamma come sorgente luminosa.
A partire dal 1879, la fonte di luce alimentata ad elettricità ha subito numerose evoluzioni, passando dalla lampadina ad incandescenza a quella a mercurio e wolframio, al tubo al neon e fluorescente ed alla lampada alogena, per arrivare infine ai LED.
L’evoluzione delle sorgenti luminose e il diffondersi del loro impiego hanno reso necessaria la loro caratterizzazione, perciò nel 1954, al Sistema Internazionale di Misura, viene aggiunta la candela come unità di misura dell’intensità luminosa in una certa direzione.
La misura inedita del flusso luminoso di una candela
Fino ad oggi dalla costruzione del primo fotogoniometro si è misurato il flusso di qualsiasi tipologia di sorgente di luce artificiale ma non sono mai state svolte misure di flusso sulla più antica fonte di luce, ovvero la fiamma di una candela.
Analogamente, è stata misurata la distribuzione dell’intensità luminosa per qualsiasi apparecchio di illuminazione che montava come sorgente luminosa una fonte di luce artificiale, mentre non è mai stata rilevata la ripartizione dell’intensità luminosa per lampade la cui sorgente luminosa era una fiamma.
A parte il fatto che tali caratterizzazioni fotometriche non sono mai state ritenute utili, la loro esecuzione è in realtà molto complicata dal punto di vista pratico: tutti i fotogoniometri muovono il campione sotto test e di conseguenza la fiamma si spegnerebbe, inoltre il montaggio nella posizione di funzionamento della candela o dell’apparecchio di illuminazione che la monta non è sempre fattibile e i tempi di realizzazione della misura sono talmente lunghi che qualunque candela si consumerebbe prima della conclusione della misurazione fotometrica.
I fotogoniometri di Sedis Light Technology hanno come obiettivo la misurazione di qualsiasi categoria di apparecchio d’illuminazione, indipendentemente dalla tipologia di sorgente luminosa che montano e dalla posizione di funzionamento.

Per questa ragione riteniamo possa essere affascinante utilizzare il fotogoniometro Photoglobe 4FA in un esperimento molto particolare, ovvero nella misurazione della distribuzione angolare dell’intensità luminosa della fiamma di una candela, migliaia di anni dopo la sua scoperta.

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Questo esperimento è peculiare, in quanto solo i fotogoniometri prodotti da Sedis Light Technology lo permettono: Photoglobe 4FA viene classificato goniofotometro di tipo 4 secondo la normativa EN 130321 e goniofotometro di tipo C secondo la normativa LM 79-08, ovvero “la sorgente luminosa è fissa e può essere montata in qualsiasi posizione di funzionamento; il fotometro si muove sulla superfice di una sfera virtuale, il cui centro coincide con il centro fotometrico della sorgente luminosa”.
L’utilizzo di più sensori di acquisizione montati su una struttura a forma di arco permette la realizzazione della rilevazione in tempi estremamente veloci.

Anche nel caso in cui il campione sotto test è rappresentato dalla fiamma di una candela può essere seguita la procedura standard per la realizzazione di una misura fotometrica:
1) la verifica delle condizioni ambientali all’interno del laboratorio di prova: la temperatura media dell’ambiente deve essere uguale a (25±1)°C per tutta la durata della prova e il movimento dell’aria attorno alla sorgente luminosa deve essere inferiore a 0,2 m/s;
2) il posizionamento del campione sotto test, ovvero la fiamma della candela, in posizione di funzionamento sul supporto dedicato e il suo centraggio con l’ausilio dei laser rispetto al centro della sfera virtuale descritta dalla rotazione dei sensori di acquisizione (il centro fotometrico del campione sotto test deve coincidere con il centro della sfera virtuale).
Nota: Prima di iniziare il test, la fiamma della candela è stata accesa per 15 minuti.
Nelle immagini a corredo dell’articolo riportiamo i risultati. Sedis Light Technology mette a disposizione i risultati della caratterizzazione fotometrica e colorimetrica della fiamma di una candela a chiunque potrebbe essere stimolato nel riutilizzare in chiave moderna, per la realizzazione di progetti illuminotecnici, questa antica sorgente luminosa che ha illuminato per migliaia di anni il nostro cammino nella storia.
a cura di:
Cristina Maftei, Responsabile laboratorio fotometrico
Franco Amisano, Responsabile marketing scientifico – Sedis Light Technology