
Il Wagner del “Tristano…” guarda alla passione del desiderio come prova dell’inadeguatezza del Reale, pensando alla vera forza incredibile di una compiuta unione nell’Oltremondo quale sola luce possibile.
La messa in scena della wagneriana “Tristano e Isotta” (1859), che per questa edizione al Teatro San Carlo di Napoli ha visto anche la prima volta della direzione del grande maestro Zubin Metha in questo teatro, si è proposta alla nostra attenzione per due motivi fondamentali, il primo, l’allestimento – una ripresa del celebre e premiato allestimento presso questo stesso teatro (Premio Abbiati, stagione 2004-2005), caratterizzato da una forte e attenta lettura scenografica e dei costumi, dovuti a Ezio Frigerio e a Franca Squarciapino – e, il secondo, la regia luminosa, qui dovuta a Cesare Accetta, che ha saputo sottolineare il graduale transito dalle qualità simboliche espresse nell’opera dalla luce diurna alla dimensione notturna di una luce per il buio della notte.
L’allestimento e l’illuminazione
La regia dello spettacolo, creata nella sua prima edizione da Lluis Pasqual, è stata ripresa da Caroline Lang per questa messa in scena. L’allestimento scenografico di Ezio Frigerio, è connotato da una dominante cromatica di tonalità fredde e dalla costante presenza dell’immagine di un mare lunare e argenteo sullo sfondo; sul piano del racconto, la regia ha poi voluto contestualizzare i tre atti del racconto in tre differenti epoche storiche e simboliche, un primo atto epico e “medievale”, un secondo atto, legato al dramma passionale dei due amanti, ed un terzo atto, spostato in una prospettiva temporale e cronologica novecentesca.
La storia ha inizio sulla tolda della nave che porta i personaggi verso la Cornovaglia, mentre il secondo atto vede una scena composita, con un quadro caratterizzato da un giardino con alberi definiti da quinte semoventi, una soluzione articolata su un gioco di sipari e l’immagine di un cielo stellato.
Il salto temporale è realizzato invece attraverso l’ambientazione in una sala d’ospedale del ‘900. Lo sviluppo e l’articolarsi della passione non viene mai connotato in modo espressionista ma utilizza al contrario l’illuminazione e i colori della scena come valori in se’.
Abbiamo intervistato il datore luci Cesare Accetta, per capire attraverso l’impostazione scelta per il suo lavoro, quali soluzioni e scelte di light design hanno supportato le scelte della regia.

In generale, in quest’opera, qual è stata la tua lettura dal punto di vista della luce, in relazione al tema del dualismo e del contrasto fra luce e tenebre presente in partitura?
“In genere, le linee guida di un progetto-luci dedicato all’opera lirica sono già suggerite dalla partitura ma, oltre all’interpretazione personale, è importante accogliere e assecondare le intenzioni e la visione della regia. Nel “Tristano…” il contrasto tra luce e tenebra è stato sicuramente l’elemento fondante su cui ha poggiato l’intero impianto di costruzione”.
Il primo atto di questa opera è costruito attorno alla splendida “macchina” scenica rappresentata dalla nave, sulla quale agiscono la storia e i personaggi. Come hai proceduto qui dal punto di vista delle scelte per l’illuminazione?
“Con l’ausilio dei sagomatori ho isolato la nave e definito le posizioni che occupavano i personaggi, accentuando dei punti di forte attenzione rispetto al fondo costituito dal mare e dalla grande proiezione del cielo. Per i movimenti scenografici – innalzamento e separazione in due parti della prua- ho scelto la visione in controluce per nascondere la meccanicità dell’impianto, a tutto vantaggio della valorizzazione dell’imponenza della macchina scenica”.
Il mare e il cielo quali testimoni dell’eternità del Tempo
Una presenza costante nel corso della rappresentazione è l’immagine immanente del mare e del cielo, sulla quale anche in questo caso la luce agisce in modo sensibile. In che modo hai operato qui dal punto di vista tecnico e per la scelta degli apparecchi?
“Per simulare l’effetto delle onde e dell’increspatura del mare, realizzato con un materiale plastico specchiante, ho utilizzato proiettori motorizzati tipo Profile e un gobos che ruotava con velocità differenti in relazione alle diverse situazioni sceniche”.
Il sogno d’amore e la luce della notte
Il sogno e l’illusione d’amore dei due protagonisti li costringe a scegliere la notte, che cela sola la verità del loro amore: come hai proceduto per la caratterizzazione della luce sui due protagonisti e in relazione ai loro ruoli in scena? Hai scelto temperature colore differenti per suggerire il contrasto?
“Nella costruzione del notturno, caratterizzato da toni freddi e bluastri, ho illuminato con una gamma cromatica più calda il luogo di maggiore rappresentazione espressiva dei personaggi, così che l’attraversamento delle due zone evidenziava per contrasto i diversi stati d’animo”.
La dimensione naturale è sempre presente in scena, quale testimone imparziale e senza tempo di questo rapporto indissolubile fra Amore e Morte. Penso ad esempio alla bella scena nel II atto con gli alberi mobili ed il cielo stellato. Come hai proceduto qui per l’illuminazione?
“Cercando di restituire una dimensione per quanto possibile naturale: una luce di tono lunare e con intensità luminose molto basse, al limite estremo delle temperature d’uso”.

Un altro aspetto della lettura scenica e registica è la dimensione di salto temporale dell’ambientazione, con l’invenzione della sala d’ospedale del ‘900. Questo irrompere della Realtà nell’immagine mitica della storia come viene letta nelle scelte per l’illuminazione?
“Per la sala d’ospedale del III atto il riferimento è stata l’illuminazione tipica di quegli ambienti: una luce bianca, diffusa e glaciale”.


I rapporti con il direttore d’orchestra/Sulla tecnologia LED
Qual è stato il tuo rapporto con la partitura musicale e con le scelte fatte dal Maestro Metha?
“La forza suggestiva della musica è stato elemento determinante nel percorso emotivo che ha accompagnato il mio lavoro, tanto più in questo caso, con la direzione di Zubin Metha. Un’occasione di straordinario impatto”.
Puoi dirci se hai fatto ricorso per questa messa in scena anche a qualche soluzione di luce aggiuntiva, custom made, oltre alla dotazione del parco luci del teatro?
“Al parco luci del teatro ho aggiunto una serie di proiettori motorizzati Alpha Profile 1500 ST (Clay Paky), che hanno avuto un ruolo fondamentale nella realizzazione di questo progetto luci”.

Come valuti la tecnologia LED? Utilizzi di norma proiettori con questa tecnologia e se si per quali tipi di risultati ed effetti sulla scena?
“Per le sue caratteristiche energetiche la tecnologia LED è sicuramente il futuro prossimo dell’illuminotecnica, paragonabile con le dovute differenze a quella che è stata la rivoluzione digitale in fotografia e nel cinema. Io la utilizzo già da diversi anni, in particolare per luce bianca neutra-fredda, o per realizzare colori molto acidi.
Infatti i primi apparecchi che utilizzavano questa sorgente luminosa tendevano a presentare un’ elevata temperatura colore, inconveniente o caratteristica che – insieme alla potenza del flusso luminoso – era da ostacolo nella scelta tra una sorgente LED e una convenzionale. Recentemente, l’affinamento del processo tecnologico applicato a tali apparecchi sta però ponendo riparo a tali limiti”.
(Massimo Maria Villa)
“TRISTANO E ISOTTA”
Napoli, Teatro San Carlo
Autore: Richard Wagner
Regia: Lluis Pasqual, ripresa da Caroline Lang
Direttore d’orchestra: Zubin Metha
Coro: Teatro di San Carlo
Maestro Coro: Marco Faelli
Luci: Cesare Accetta
Scenografia: Ezio Frigerio
Interpreti: Tristan: Torsten Kerl / Endrik Wottrich
Re Marke di Cornovaglia: Stephen Milling
Isolde: Violeta Urmana / Jennifer Wilson
Kurwenal: Jukka Rasilainen
Melot: Alfredo Nigro
Brangäne: Lioba Braun
Timoniere: Italo Proferisce
Un pastore: Marcello Nardis
Voce di un giovane marinaio: Alfredo Nigro