
Negli ultimi 100 anni, la luce elettrica ha cambiato le modalità di utilizzare l’illuminazione nella società. Nei prossimi anni, secondo la roadmap strategica dell’industria europea dell’illuminazione (Strategic Roadmap European Lighting Industry), assisteremo allo sviluppo di nuovi sistemi per generare luce artificiale che avranno le stesse caratteristiche della luce naturale e permetteranno di migliorare la qualità delle nostre vite
L’illuminazione ha un ruolo centrale nelle attività dell’uomo e sta assumendo un ruolo ancora più importante per il benessere e la salute delle persone in ogni ambito della società. Purtroppo rappresenta una voce che copre anche una quota significativa dei consumi energetici.
È dunque sempre più fondamentale la progettazione di sistemi di illuminazione efficaci ed efficienti, che soddisfino le necessità di orientamento spazio-temporale, di percezione della realtà, ma che siano allo stesso tempo a basso consumo, basso costo, a ridotto inquinamento luminoso e ridotta produzione di CO2, ed integrabili in costruzioni amiche dell’ambiente.

HCL: tecnologie ‘attive’ per la luce
Le attuali linee guida nel campo della ricerca propongono lo studio di un nuovo sistema di illuminazione intelligente, l’illuminazione per il benessere, l’umore e la salute delle persone, ovvero una illuminazione al servizio dell’individuo (Human Centric Lighting). Le persone trascorrono gran parte del proprio tempo all’interno di edifici, in cui la luce naturale fornisce una minima parte dell’illuminazione necessaria. Abitazioni, luoghi di lavoro, uffici pubblici, scuole, ecc., utilizzano sorgenti luminose artificiali per l’illuminazione.
Purtroppo raramente tali sorgenti replicano il contenuto spettrale e/o di intensità della luce naturale e questo ha conseguenze sul benessere abitativo e sulla salute degli occupanti, specialmente in caso di presenza prolungata in tali ambienti. La luce è alla base del buon funzionamento dell’orologio biologico umano, può migliorare le prestazioni cognitive, facilitare il rilassamento e/o le capacità relazionali, incrementare lo stato di attenzione.
Risulta quindi necessario ripensare le modalità di illuminazione degli ambienti di vita, utilizzando nuove tipologie di sorgenti luminose che siano più simili alla luce naturale, cioè producano luce diffusa, non siano abbaglianti, presentino un contenuto spettrale eventualmente regolabile, ma siano anche efficienti, cioè a basso consumo, costino poco, siano prodotte senza materiali critici o pericolosi o tossici, e che a fine vita siano quindi facilmente gestibili o riciclabili.
L’unica tecnologia illuminotecnica di riferimento in tale contesto di sviluppo è quella delle sorgenti luminose a stato solido (SSL, Solid State Lighting). Queste sorgenti, che garantiscono prestazioni energetiche e luminose di qualità elevata rispondenti ai nuovi requisiti di luce, sono i LED (Light Emitting Diode) e gli OLED (Organic Light Emitting Diode), nei loro aspetti di sviluppo tecnologico e visti in un loro utilizzo applicativo congiunto e sinergico.
(a cura di Enrico Zanoni, Nicola Trivellin, Maria Grazia Maglione, Paolo Tassini)
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Sorgenti Tunable White compatte per lo Human Centric Lighting

Lo Human Centric Lighting è oggi una delle direzioni che lighting designer ed architetti stanno inseguendo per rendere l’illuminazione degli ambienti sempre più simile a quella naturale o per fornire specifiche caratteristiche cromatiche variabili a seconda dei “requirement illuminotecnici” per i differenti momenti della giornata o dell’uso degli spazi
Grazie ad uno spettro della luce variabile, la tecnologia LED Tunable White consente oggi di implementare lo Human Centric Lighting in modo efficiente ed efficace. Se tradizionalmente le soluzioni Tunable White sono basate su un mix di dispositivi discreti warm white e cool white, diverse proposte innovative sono attualmente presenti sul mercato per rendere queste soluzioni compatte e maggiormente integrate. Una sorgente compatta a parità di flusso, infatti, permette di ridurre l’etendue¹ e massimizzare l’efficacia di soluzioni ottiche secondarie.
Altre soluzioni invece puntano a minimizzare l’effetto di soppressione della melatonina dato dalla luce blu, ottenendo quindi una riduzione dell’“alertness” (ovvero della soglia di attenzione/vigilanza del fruitore) attraverso una temperatura di colore calda, mentre con luce fredda presentano una dose di luce blu sufficiente a garantire una funzionalità illuminotecnica utile soprattutto nelle scuole, nei luoghi di lavoro e dove è necessaria una particolare concentrazione.
Le proposte dal mercato
L’evoluzione del mercato e delle applicazioni ha portato attualmente a due principali piattaforme per l’illuminazione generale: 1) soluzioni ad elevata potenza di tipo ChipOn-Board utilizzate principalmente in proiettori e 2) soluzioni mid power utilizzate principalmente per apparecchi di illuminazione ad ampia superficie di emissione luminosa.
Le soluzioni COB. Per soluzioni COB si intendono tradizionalmente quelle soluzioni dove il ‘light engine’ (motore luminoso) è realizzato sfruttando LED chip con emissione nel blu (detti anche ‘pompa blu’) assemblati e connessi direttamente su scheda elettronica a substrato di tipo metallico (Metal Core), generalmente in alluminio.
In questo modo viene di fatto evitato l’utilizzo di package che non consentirebbero lo stesso grado di integrazione fisica e ridurrebbero inoltre le performance termiche. Per ottenere l’emissione spettrale tipica delle sorgenti bianche, i numerosi chip LED sono quindi ricoperti da un’unica matrice, generalmente siliconica, che incorpora i materiali di conversione spettrale (i cosiddetti fosfori). Quando sono necessarie soluzioni ad elevato flusso la piattaforma COB risulta generalmente vincente per costo, prestazioni e semplicità di implementazione.
Recentemente l’avvento di soluzioni di tipo “Chip-Scale-Package” (CSP), ovvero soluzioni dove il package per singoli LED chip è poco più grande del chip stesso, ma incorpora già i materiali di conversione luminosa, offrono una alternativa alle soluzioni COB. Infatti, grazie alla dimensione estremamente ridotta, è possibile installare numerosi CSP sulla superficie di una scheda elettronica ‘metal core’ ed ottenere densità prossime a quelle di COB tradizionali.

Entrambe le soluzioni si sono evolute verso versioni Tunable White, ma con due approcci differenti. Le piattaforme basate su CSP (figura 1) infatti, permettono di miscelare LED con diversa temperatura di colore in modo immediato, semplicemente alternando le tipologie di LED assemblati all’interno della stessa struttura fisica.
Le soluzioni COB a temperatura di colore variabile sono invece più complesse da realizzare. Lo strato uniforme di fosfori di queste ultime, infatti, richiede un’elevata ottimizzazione produttiva al fine di ottenere la corretta miscelazione e punti cromatici costanti all’interno della produzione. Una prima frazione dei LED chip blu sono inizialmente coperti con fosfori con emissione nel giallo – rosso, mentre tutta la matrice viene successivamente ricoperta con fosfori con emissione verde-giallo.
Sono quindi presenti due soluzioni prevalenti per COB Tunable White: la prima prevede di realizzare delle zone aree di fosfori differenti (che consentono quindi diverse temperature di colore), mentre la seconda utilizza per singoli LED chip delle combinazioni differenti di fosfori (figura 2, a-b).

La seconda soluzione consente, generalmente, una migliore miscelazione e – in applicazioni prive di strutture ottiche di mixing del colore – prestazioni fotometriche superiori a parità di dimensione dell’ottica.
Sistemi mid power Tunable White
Tradizionalmente le piattaforme mid power hanno presentato sistemi Tunable White realizzate miscelando, a livello di scheda o modulo, LED bianco caldo con LED bianco freddo: la miscela di luce così ottenuta deve essere omogeneizzata da un diffusore posto ad una determinata distanza.
Maggiore è la distanza tra le sorgenti di diversa temperatura di colore, maggiore dovrà essere la distanza del diffusore dalle sorgenti e maggiore la sua capacità diffusiva a discapito dell’efficienza di trasmissione ottica.

Per questo Nichia ha sviluppato un LED mid power su package 3030 in grado di ospitare due chip Blu indipendenti e due diverse matrici di conversione luminosa al fine di minimizzare lo spazio necessario alla miscelazione luminosa, che di fatto avviene già a livello di package (figura 3).
Sistemi specifici per HCL
Una particolare rilevanza cominciano inoltre ad avere soluzioni che sollecitano o inibiscono una risposta di soppressione della melatonina agendo sui gangli fotosensibili (photosensitive retinal ganglion cells).
Essendo sensibili alle lunghezze d’onda del blu, tali cellule possono essere sollecitate se le sorgenti luminose artificiali hanno uno spettro blu particolarmente intenso.
I produttori di LED hanno quindi sfruttato questa opportunità realizzando sistemi COB dotati di doppio picco blu, ovvero realizzando sistemi dove sono presenti LED chip di pompa blu con diverse lunghezze d’onda di emissione (nel range 420-480nm), così pure sistemi dove il chip blu è stato sostituito da chip viola. Una particolare soluzione che esemplifica questo approccio tecnologico è la piattaforma COB Tunable White di Bridgelux nella versione Thrive Vesta.
Come è possibile vedere nella figura 4, a – b, in questa soluzione sono presenti LED chip blu con picco di emissione a 430, 445 e 475 nm che uniti alla tecnologia Tunable consentono di ottenere uno spettro particolarmente aderente alla curva di corpo nero con un ridotto contenuto di luce blu alle basse temperature di colore.

Il concetto di illuminazione a ridotto contenuto di luce blu viene poi proposto in maniera ancora più estrema da Soraa nelle soluzioni Soraa Healthy. In questa proposta, disponibile solo come prodotto completo di tipo retrofit, è possibile notare come siano presenti LED con lunghezze d’onda di emissione particolarmente corte, nell’intorno del viola, 400 – 410 nm (figura 5).

L’emissione dei LED viene poi parzialmente convertita con fosfori a lunghezze d’onda del verde/giallo per compensare lo spettro: in questo caso la radiazione blu è quasi totalmente assente.
(a cura di prof. Enrico Zanoni – docente di Elettronica – DEI Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, Università di Padova)
(a cura di Nicola Trivellin, ricercatore, assistant professor – DEI Dipartimento Ingegneria dell’Informazione, Università di Padova)
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¹ l’etendue è un fattore critico per il progetto ottico di una sorgente LED, in quanto intende il rapporto che lega la dimensione dell’ottica a quella della sorgente luminosa, ovvero il prodotto dell’area dell’emettitore e dell’angolo solido del fascio luminoso emesso
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Forme e scenari possibili per la luce

Nel contesto dell’illuminazione secondo HCL – Human Centric Lighting, la tecnologia OLED si configura come l’evoluzione dei metodi di illuminazione per gli ambienti indoor, grazie alle peculiari caratteristiche dei dispositivi
Gli OLED permettono di realizzare grandi aree di emissione con generazione di luce diffusa, elevata efficienza e ottimale dissipazione termica senza la necessità di un dissipatore aggiuntivo e dunque si propongono come soluzioni con una bassa temperatura di esercizio. Inoltre si tratta di dispositivi sottili e leggeri, con emissioni di luce in una vastissima gamma di colori e che permettono una resa di colore ottimale, flessibilità, assenza di sostanze pericolose e possibilità di realizzare le forme più diverse e qualsiasi geometria applicativa.
Nuovi rapporti fra progetto della luce e materiali nell’Interior Design
Dal punto di vista del Design, si stanno studiando metodi per realizzare gli OLED praticamente su qualsiasi tipo di materiale, inclusi i tessuti, e quindi alla possibilità di integrarli sul piano progettuale in ogni elemento architettonico o complemento di arredo (muri e soffitti, mobili, infissi, tendaggi, finestre, ecc.), permettendo di pensare alla luce come materia e non più solo come funzione, e portandoci verso un concetto di interazione con essa in tempo reale, identificando la sorgente luminosa come un elemento architettonico vero e proprio.
Facendo lavorare insieme l’illuminazione con gli altri sistemi e dispositivi ed elementi presenti in un qualsiasi ambiente antropico – e non soltanto nelle abitazioni – quali riscaldamento e condizionamento, finestre, impianti audio-video-dati, elettrodomestici, mobili, arredi e piante, ma anche dispositivi per il controllo della salute, abiti, o sistemi di sicurezza e sorveglianza, ecc., attraverso un utilizzo nel progetto degli OLED diventerebbe possibile costituire un insieme interconnesso di impianti davvero efficace per il miglioramento della qualità della vita ed il benessere delle persone.

Lo stato attuale della ricerca tecnologica
Gli OLED sono dispositivi elettronici intrinsecamente bidimensionali, cioè presentano un’area emissiva estesa, con forme progettabili a piacimento, possono essere studiati su substrati flessibili, permettendo così soluzioni di illuminazione non possibili con altri tipi di sorgenti (puntiformi come i LED o vincolate all’uso di bulbi di vetro, come le lampade fluorescenti).

Gli OLED possono inoltre essere realizzati con sostanze non tossiche, superando del tutto l’uso ad es. del mercurio contenuto nelle lampade fluorescenti. Le ricerche attuali sono focalizzate su nuovi materiali ed architetture dei dispositivi, per aumentare ancora di più la quantità di luce generata, l’efficienza ed il tempo di vita e – cosa più importante – su nuovi processi e metodi innovativi di fabbricazione, utilizzando supporti molto più grandi e flessibili, anche attraverso processi su substrati a nastro continuo, per ridurre ulteriormente il costo dei dispositivi e superare la barriera maggiore che impedisce ad oggi la diffusione nei grandi numeri di questi dispositivi sul mercato.
…Non solo Smartphone o TV
Le potenzialità di utilizzo degli OLED per l’illuminazione sono ancora poco note tra il grande pubblico, anche per la ridotta diffusione commerciale di questo tipo di dispositivi, ostacolata proprio dagli alti costi di acquisto: gli OLED vengono associati ai display usati negli smartphone o ai televisori UHD piatti di grande area, ma non ancora alla possibilità di utilizzo per l’illuminazione.

Ed a testimonianza della ridotta penetrazione commerciale c’è il panorama dei produttori di OLED per l’illuminazione, che comprende ancora poche aziende: OLEDWorks (che nel 2015 ha rilevato le competenze Philips), LG Display, Yeolight Technology, UIV Chem, Inuru, Blackbody, Konica Minolta e pochi altri, rispetto alle decine di produttori di LED inorganici.
Malgrado questo, la ricerca continua e gli esempi dimostrativi di applicazione sono sempre più numerosi, e le analisi di mercato indicano che la diffusione di questi OLED avrà un crescente sviluppo commerciale nei prossimi anni, diventando una delle principali sorgenti luminose negli ambienti umani.
Si potrà creare infatti un importante nuovo mercato di installazioni, le uniche in grado di sfruttare sia le grandi potenzialità di questi dispositivi sia il loro unico form factor (che diversamente sarebbe limitato dall’utilizzo degli attacchi convenzionali, tipo E27, ecc.), che abbiamo esemplificato nelle figure proposte.
Gli impianti utilizzati finora per la produzione degli OLED vincolano le forme e le dimensioni massime dei dispositivi realizzabili, ma questo non ha limitato le idee e le applicazioni che i designer e gli architetti hanno saputo progettare, e che potranno ancora più estendersi quando i risultati delle ricerche in corso verranno adottate dal mercato.
La possibilità, infine, di scegliere tra un vastissimo numero di materiali emissivi, permette di ottenere dispositivi con spettro di emissione potenzialmente di qualsiasi tonalità di colore. Però, la necessità di non aumentare troppo la complessità della struttura interna dei dispositivi e quindi il costo di produzione (ogni materiale emissivo ha necessità di vari altri materiali di contorno per funzionare nel modo migliore, per intensità ed efficienza di emissione; materiali che devono essere depositati con spessori uniformi dell’ordine di alcuni nanometri per l’intera superficie emissiva), e per ottenere un punto di colore stabile, fanno prevalere l’usuale approccio RGB per la generazione di luce bianca.

Con questa configurazione, tre materiali emissivi sono inseriti in un unico dispositivo, eventualmente con intensità regolabili separatamente per adeguare il colore alle necessità (in quanto utilizzare soltanto due colori complementari per ottenere la luce bianca renderebbe il dispositivo soggetto a forte variazione del punto di colore, se anche solo uno dei colori dovesse subire un’alterazione.
(a cura di dott.ssa Maria Grazia Maglione, ENEA Centro Ricerche Portici – Laboratorio Nanomateriali e Dispositivi (SSPT-PROMAS-NANO)
(a cura di dott. Paolo Tassini ENEA Centro Ricerche Portici – Laboratorio Nanomateriali e Dispositivi (SSPT-PROMAS-NANO)