
L’attività di lighting designer di chi scrive queste note ha potuto articolarsi nel corso degli anni anche attraverso il rapporto con committenti importanti, tra questi la Diocesi di Casale Monferrato. Ed è grazie alle esperienze maturate nell’ambito dell’illuminazione delle chiese che successivamente è stato possibile lavorare anche per altre Diocesi ed Arcidiocesi, fino a quella di Singapore
Il rapporto tra l’uomo e l’esperienza del sacro si perde nella notte dei tempi quando questi, nel compiere uno sforzo per costruire un mondo al quale dare un significato, diventa “homo religiosus”.
L’uomo, in quanto credente, accosta la figura del divino alla luce, simbolo etereo di chiarezza e purezza assoluta. Per l’“homo religiosus” la luce non è un’associazione mentale, ma uno strumento: viene modellata per il culto, per illuminare gli ambienti di preghiera e studiata a fondo per glorificare il luogo e creare effetti suggestivi dedicati ad occasioni speciali.
Anche la luce artificiale entra nello spazio sacro, seppur limitata nel corso dei secoli dalla tecnologia disponibile: prima con la presenza del fuoco (candele, lampade ad olio, etc.) poi, dalla fine dell’800, attraverso la luce elettrica.
Nelle chiese cristiano-cattoliche il passaggio avviene dapprima nei lampadari: le candele sono sostituite con lampadine elettriche e in seguito – grazie all’evoluzione tecnologica delle sorgenti – queste lampade si installano anche nel contesto di apparecchi di illuminazione funzionale.
La prima innovazione: le lampade ad alogenuri con bruciatore ceramico
Il rapporto luce artificiale-chiese vive una prima svolta, a metà degli anni ’90 del secolo scorso, quando il mercato introduce l’innovazione delle sorgenti ad alogenuri metallici con bruciatore ceramico. In questi anni l’illuminazione diventa “architetturale”, dedicata cioè a far risaltare anche l’architettura dei luoghi di culto e le opere d’arte presenti.
In questo periodo la C.E.I. (Conferenza Episcopale Italiana) ed i vescovi italiani redigono raccomandazioni sulle modalità di approccio alla illuminazione delle Chiese cristiano-cattoliche: l’illuminazione artificiale dovrà soddisfare, in primo luogo, le esigenze della celebrazione, ma consentire anche la fruizione turistica.
La luce deve essere differenziata e adattata alle diverse situazioni: ci sarà cioè una luce adatta per la lettura, una per il parroco e una per i suoi coadiutori ed i fedeli, utilizzando al meglio la luce naturale nel rispetto di quanto i costruttori degli edifici di culto fecero in antico.
L’illuminazione artificiale dovrà porre in evidenza l’altare, l’ambone ed il battistero, e solo in un secondo luogo dovrà porre in risalto le opere d’arte e l’architettura della chiesa, per portare il fruitore occasionale (che, spesso, non conosce a sufficienza la religione cattolica né la sua liturgia) a riconoscere la fisionomia del luogo del culto, ponendo l’accento sui suoi elementi centrali senza danneggiare in nessun modo l’edificio né le opere in esso contenute.
Queste raccomandazioni, con estremo pragmatismo, precisano anche di evitare un eccessivo protagonismo dell’elemento luce artificiale, con effetti scenici di tipo “hollywoodiano”, tali da sminuire la funzione dell’edificio sacro presentandolo come un teatro o una sala cinematografica o con effetti tali da confondere il suo aspetto con quella di un museo.
Dall’inizio del 2000 ad oggi: che cosa è cambiato?
Negli anni in cui si svolgono grandi opere di restauro in vista del Giubileo del 2000, chi
scrive queste note ha avuto l’occasione di lavorare con l’ arch. Raffaella Rolfo , già co-progettista e co-direttore dei lavori nel restauro della Cattedrale romanica di Sant’Evasio a Casale Monferrato. Secondo l’arch. Rolfo “…in questi vent’anni la percezione della luce negli edifici di culto è variata passando da un “tanto illuminato” ad un “bene illuminato”.
“Se a fine anni Novanta la tendenza infatti era di preferenza quella di inondare l’ambiente di luce, sia nell’utilizzo liturgico che per la fruizione turistica, oggi i progettisti tendono a creare effetti che puntano a catturare l’attenzione dei fedeli sulle zone liturgiche fondamentali durante le celebrazioni, con la possibilità di diversificare il tipo di illuminazione durante le visite turistiche”.
“Le nuove tecnologie – oltre a permetterci di migliorare l’illuminazione raggiungendo i risultati descritti – permettono un notevole risparmio sulle spese di gestione: se oggi ci fossero le disponibilità economiche di pochi decenni fa sarebbe meno faticoso procedere alla sostituzione degli apparecchi di illuminazione tradizionali con quelli a LED, realizzando nuovi progetti nelle chiese che presentano ancora gli impianti degli anni Cinquanta del Novecento”.
Il mondo di oggi è regolato dall’elettronica: le lettere sono diventate e-mail, la luce beneficia della tecnologia LED. Con caratteristiche tecniche che permettono libertà di progettazione, utilizzo del colore e, date le dimensioni spesso ridotte, un facile inserimento architettonico, i LED di ultima generazione vantano una durata di vita utile elevata ed offrono un rendimento energetico superiore rispetto a molte altre sorgenti.
L’emissione luminosa è quasi del tutto priva di calore e pressoché esente da raggi UV, un aspetto fondamentale nella conservazione delle opere d’arte.
In quanto a manutenzione, non è previsto alcun cambio lampada, riducendo al minimo i costi da questo punto di vista. In un panorama come questo occorre però – ancora più che in passato – che il progetto dell’illuminazione sia affidato a uno specialista esperto, come già raccomandato dalle Linee Guida C.E.I. del 1995.


Qualità e gestione della luce
In una chiesa monumentale, la qualità della luce – in termini di resa cromatica – è importante, sia per la fruizione spirituale che per quella turistica. Se si prevedono effetti dinamici, si dovrà anche pensare che, per la regolazione, occorrerà posare conduttori di segnale dedicati, oltre che elettrici, un problema complesso in edifici antichi.
La gestione della luce dovrà essere demandata ad un qualche operatore che, oltre ad essere fisicamente presente, durante la funzione religiosa dovrà anche conoscere il “sistema elettronico” e avere nozioni sulla vita reale utile degli apparecchi LED, a monte di una garanzia di durata certa e scritta da parte del produttore.
Secondo l’ arch. Corradini “…Il sistema LED presenta elementi di criticità che soltanto un professionista indipendente può, grazie alla propria competenza, discriminare per effettuare scelte consapevoli. Un luogo di culto deve soddisfare il bisogno della preghiera e questo non si traduce in un mero risparmio di energia elettrica”.
L’UNI (Ente Italiano di Normazione) ha recentemente emanato una norma specifica riguardo i contenuti del progetto illuminotecnico (UNI 11630/2016). La principale novità introdotta con questo testo è nel ruolo del progetto di luce come competenza professionale distinta, ma complementare, all’architettura e al progetto degli impianti.
In conclusione, lo spazio sacro riveste un grande valore simbolico, oltre che architettonico, perché occorre una grande sensibilità ed un atteggiamento di rispetto per affrontare questa tipologia di progetti.

Con questo approccio abbiamo lavorato in diversi luoghi di culto nel mondo (Iran, India, Cina, Singapore, etc.), comprendendo prima le esigenze religiose e, successivamente, traducendole in progetti di illuminazione.
( a cura di Marco Palandella, lighting designer – Casale Monferrato)
Hanno collaborato alla stesura del testo l’arch. Raffaella Rolfo, Direttore Ufficio Beni Culturali e per l’Edilizia di Culto della Diocesi di Casale Monferrato, e l’arch. Roberto Corradini, lighting designer