
Nel contesto degli studi televisivi, la situazione di emergenza sanitaria ha condotto ad un vero e proprio ripensamento circa gli aspetti di concept e i temi progettuali che presiedono ad esempio la scenografia delle trasmissioni
La situazione di emergenza portata dagli effetti della pandemia da COVID-19 ha obbligato anche gli addetti ai lavori a realizzare modifiche non solo strutturali, quanto soprattutto concettuali della scenografia televisiva e dell’ impianto luci.
In questa direzione, la ricerca si è spinta sempre più verso la ridefinizione del delicato equilibrio tra lo spazio fisico e la sua conseguente gestione della prossemica, invitando i protagonisti di un qualsiasi evento televisivo a rapportarsi con nuove forme di racconto e ad un conseguente adattamento narrativo i registi, i direttori della fotografia e gli scenografi.

Nuovi percorsi narrativi nella dilatazione dello spazio scenico
La progettazione di un programma TV, come ad esempio la “Domenica Sportiva”, in questa fase segnata dal distanziamento sociale e dalle nuove regole di interazione tra i professionisti del settore, ha reso molto più viscerali i nuovi percorsi narrativi, passando inizialmente da semplici norme comportamentali ad un cambiamento antropologico vero e proprio, in termini di messa in scena di un qualsiasi spettacolo.

I tempi televisivi hanno subito un mutamento, che ha impattato su scalette e contenuti in modo rivoluzionario, portando gli autori ad adattarsi a nuovi ritmi registici, vincolati a loro volta da un inedito dilatarsi degli spazi o dalla presenza di barriere trasparenti ma riflettenti e invasive.
Queste dinamiche sono risultate già molto chiaramente in fase di progetto perché gli incontri tra le figure artistiche, quelle autorali e della parte editoriale, sono stati svolti in videoconferenza, anziché in presenza, a discapito della relazione e del consueto contatto empatico che da sempre sono elementi importanti per l’impostazione delle attività.
L’irruzione/intrusione in studio del collegamento video via Internet
Il cambiamento nelle modalità di comunicazione ha fatto anche emergere la necessità di dover ricorrere ad un massiccio utilizzo di apparati di visione, utilizzati per consentire i diversi collegamenti da casa con gli ospiti, o a dover ovviare all’ assenza del pubblico in sala con la ‘definitiva legittimazione’ delle immagini di bassa qualità generate dai software di comunicazione a distanza tramite dispositivi mobili o PC.
Tutto ciò sta conferendo alla televisione di oggi una maggior freddezza e distacco, con la conseguente assenza di quella appagante immedesimazione nei protagonisti in studio e della loro esclusiva possibilità di calcare e vivere il palco oppure dell’essere celebrati da sfondi scenici e luci calde e modellanti.
Le emozioni, gli applausi, le risate o i momenti di tensione oggettiva sono parte integrante dell’evento televisivo quando vissuto nella sua “fisicità” e la privazione di questa esperienza ha fatto nascere un linguaggio visivo più riconosciuto dalle nuove generazioni, dove tutto viene svuotato e omologato ad una verità senza filtri.
I volti e i contenuti diventano protagonisti lontani, incastonati in porzioni di LEDwall in multiviewer, ma portatori di quella asettica “normalità” non più spettacolare ed esclusiva.
Un profondo cambio di prospettiva
Il virus ci ha involontariamente spinti a realizzare un prodotto in continuità con la nuova quotidianità, dove lo spazio fisico diventa un pretesto per una comunicazione virtuale in qualche modo impreziosita e valorizzata da uno sforzo tecnologico, chiamato ad essere spazio scenico, in un tentativo di enfatizzare con la forma un contenuto difficile da gestire in un territorio inedito ed ostile.
Anche la luce gioca un ruolo fondamentale nel disegnare i nuovi ed inediti volumi, dando personalità agli spazi “vuoti” solitamente occupati dai protagonisti sul palco o dal pubblico normalmente raggruppato in piccole o grandi tribune, che invece sono povere di spettatori o – come nel caso della ‘Domenica Sportiva’ completamente eliminate dal progetto scenico.


Risulta chiaro che – a seconda della tipologia di prodotto televisivo, ad esempio talk, musicale, intrattenimento, ecc. – ci sono variazioni su questo tema, ma ognuno di questi format TV richiede nuovi sforzi non solo editoriali ma soprattutto di natura progettuale.
Alle figure artistiche viene chiesto non solo il rispetto delle normative per contenere la diffusione del COVID-19, ma di trovare una giustificazione stilistica e concettuale per integrare e normalizzare quanto in un recente passato era letto come un semplice “errore” di prossemica e proporzione.
In conclusione, questa situazione inedita e del tutto straordinaria ci ha costretti quindi ad un profondo cambio di prospettiva, a dover fornire nuove soluzioni in tempi molto rapidi, ma personalmente sono convinto che anche dai momenti di difficoltà come questi possono nascere idee e progetti di trasformazione interessanti.
(a cura di di Giuseppe Chiara – scenografo RAI)

GIUSEPPE CHIARA
Scenografo fra i più presenti e attivi in ambito RAI, Giuseppe Chiara è autore delle scenografie di diversi programmi di successo, come “Che Tempo che Fa” con Fabio Fazio, o “L’Approdo”, talk show condotto da Gad Lerner.
Diplomato all’Accademia di Brera, Chiara è arrivato in Rai nel 2004, occupandosi dell’aspetto scenico di «Miss Italia» e dei reality show «Music farm» e «L’isola dei famosi».