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Il progetto della luce fra media e immagine

 

Lo strumento della luce – sul piano tecnico come su quello espressivo – si pone in modo sempre più centrale e definito nel contesto dei rapporti esistenti fra mondo tecnico della produzione nell’ambito dei media e mondo dell’immagine.

Lo strumento della luce – sul piano tecnico come su quello espressivo – si pone in modo sempre più centrale e definito nel contesto dei rapporti esistenti fra mondo tecnico della produzione nell’ambito dei media e mondo dell’immagine. Abbiamo voluto per questo entrare nel merito e chiedere ad alcuni fra i più importanti professionisti attivi nel mondo della regia e della direzione della fotografia del cinema e della televisione il loro punto di vista sul ruolo assegnato al progetto della luce

GOVERNARE LA LUCE

Daniele Luchetti

Regista cinematografico, sceneggiatore e attore; assistente e aiuto regista di Nanni Moretti per i film ‘Bianca’ e ‘La messa è finita’, ha al suo attivo anche qualche esperienza nella regia teatrale, oltre ad aver firmato alcuni documentari. Gira nel 2007 ‘Mio fratello è figlio unico’ e nel 2010 ‘La nostra vita’, nel 2013 ‘Anni felici’ mentre è del 2018 il film ‘Io sono Tempesta’.

Daniele Luchetti, regista cinematografico

Che spazio occupa oggi ed occuperà nel tuo lavoro il progetto della luce nel quadro del futuro prossimo della comunicazione media audiovisiva?

Quando si fa un film, si decide da che parte stare: riprodurre il vero, crearne uno nuovo, rappresentare un vero che sembri fantastico, o un fantastico che sembri vero. Per governare queste oscillazioni, la luce è l’elemento emozionale che tiene tutto assieme. Il limite della credibilità, nel cinema, è in movimento continuo. Quello che oggi sembra naturale domani sembrerà forzato o datato.

Il mio modo è quello di cercare di creare una luce che sembri essere stata lì così come l’abbiamo trovata. Eppure spesso è frutto di calcoli attorno alla posizione del sole che troverò nel momento delle riprese, o di forzature anche importanti. Quello che non amo è dare l’impressione di una mano che l’ha piazzata laddove conviene. Cerco di governare la luce, dando l’impressione che sia stata lei a governare me e i miei personaggi.

“Mio fratello è figlio unico” (2007). Regia: Daniele Luchetti (Fotografia: Claudio Collepiccolo)

Come valuti l’evoluzione del digitale sul piano delle tecnologie e come device di comunicazione della luce e dell’immagine?

Il cinema ha alle spalle quasi un secolo di “pasta” analogica. Quando c’era quella pasta antica, eravamo nella finzione, dove molte cose erano possibili. Tutto questo i nativi digitali non l’hanno conosciuto. Quando vedono film vecchi o nuovi, almeno metà del processo oggi transita attraverso uno schermo o una proiezione digitale.

La maggior parte delle volte invece tutta la catena è digitale. Questo sta creando un nuovo patto: l’assimilazione di una nuova modalità di visione e l’accettazione di uno stile differente come segnale che dichiara “l’inizio della finzione”. Tra trent’anni questo digitale sarà il colore di questa epoca così come il bianco e nero o il Kodachrome sono stati i colori di altri decenni.

Che cosa pensi in proposito e come interpreti nel tuo lavoro la sempre maggiore convergenza dei linguaggi luce-video-immagine? 

Non trovo ci siano cambiamenti di convergenze, ma solo altre possibilità tecniche. Dalla pittura del seicento a quella impressionista, dal cinema in teatro di posa a quello in esterni, dall’architettura rinascimentale a quella contemporanea, plasmare la luce è sempre stato il lavoro centrale di chi produce spazi o immagini con gli strumenti disponibili al momento. Non amo una certa retorica del digitale come chiave di onnipotenza. È un nuovo strumento che si aggiunge, questo sì. Ma l’occhio ed il pensiero sono sempre al centro di tutto, come sempre.

LUCE COME MATERIA DEL COMPORRE

Cesare Accetta

Ha il suo primo approccio alla fotografia negli anni ’70, in parallelo allo sviluppo del teatro di ricerca in Italia e attraverso l’incontro con le sue figure più rappresentative. Definisce nel corso degli anni le sue competenze come light designer nell’allestimento di mostre d’arte e nell’ambito degli spettacoli teatrali e dell’opera lirica, oltre a curare la direzione della fotografia per video e film.

Cesare Accetta, fotografo e light designer teatrale, direttore della fotografia

Che spazio occupa oggi ed occuperà nel tuo lavoro il progetto della luce nel quadro del futuro prossimo della comunicazione media audiovisiva?

È il caso di distinguere la comunicazione di ampia portata, quella diretta all’informazione d’impatto, da una più sofisticata creazione dedicata all’ambito audiovisivo. È evidente che nel secondo caso la luce assume una posizione di primo piano, non solo per il risultato per così dire qualitativo, ma anche per l’applicazione di un progetto di ricerca assolutamente aperto, nell’accompagnamento al perfezionamento dell’apparato tecnologico.

” Tristano e Isotta” (2015), Teatro di San Carlo – Stagione d’Opera e Balletto 2014/2015. Lighting designer: Cesare Accetta (Regia: Lluis Pasqual, ripresa da Caroline Lang)

Come valuti l’evoluzione del digitale sul piano delle tecnologie e come device di comunicazione della luce e dell’immagine?

C’è una vistosa inflazione nella tendenza alla riproduzione dell’immagine, sulla spinta di obiettivi “artistici” o “narcisistici”, i cui esiti non risultano sempre apprezzabili. Ed è dunque evidente che al valore della luce nell’atto creativo è riservato uno spazio di margine, quando non del tutto sconosciuto, tra i fattori centrali del processo creativo.

È quindi difficile porre in relazione positiva i termini di luce e immagine, se non nei comparti professionali dove evidentemente entrambi gli elementi risultano determinanti per la resa finale.

Nella fotografia cinematografica professionale, la verifica immediata di ciò che si riprende, e il successivo ampio margine d’intervento grazie ai sofisticatissimi software di postproduzione, consentono una manipolazione della luce utile a garantire risultati apprezzabili, talvolta anche d’interessante impatto. Per contro, tuttavia, tale possibilità d’intervento a posteriori rende evidentemente meno puntuale la scrittura preventiva della drammaturgia della luce.

Anche il teatro soffre di un eccessivo ‘tecnologismo’ nella previsualizzazione e movimentazione della luce, a tutto danno di quella definizione poetica che solo l’artigianalità dello sguardo può consentire.

Che cosa pensi in proposito e come interpreti nel tuo lavoro la sempre maggiore convergenza dei linguaggi luce-video-immagine?

Potrei dire che la mia materia del comporre è la luce, d’altra parte la provenienza originaria dell’esperienza dalla fotografia classica, quella della resa composta, ne afferma categoricamente una priorità di base, da cui nel mio lavoro discende ogni applicazione successiva. La fusione degli elementi è però l’approdo a un linguaggio.

TRASFORMARE LA LUCE IN UN RACCONTO

Arnaldo Catinari

Uno dei maggiori autori della fotografia italiani. Ha lavorato con la maggior parte dei grandi registi italiani e attualmente è impegnato per Netflix alla realizzazione della serie ‘Suburra’ della quale è autore di tutto il progetto della luce. Al suo attivo ci sono più di sessanta film come cinematographer.

Arnaldo Catinari, autore della fotografia, cinematographer

Che spazio occupa oggi ed occuperà nel tuo lavoro il progetto della luce nel quadro del futuro prossimo della comunicazione media audiovisiva?

Il mio lavoro è fatto in buona percentuale di gestione delle fonti luminose per la realizzazione di un’opera cinematografica. La mia come quella credo di molti colleghi è una impostazione artistica che si basa essenzialmente sulla intuizione di
come trasformare la luce in racconto. Possono cambiare tecnicamente i mezzi che abbiamo a disposizione ma l’approccio rimarrà sempre a mio parere lo stesso. Il progetto può anche non essere scritto ma mentalmente ‘il come realizzare una scena’ è la base di una parte consistente del nostro lavoro.

7 minuti” (2016). Direttore della fotografia: Arnaldo Catinari (Regia: Michele Placido)

Come valuti l’evoluzione del digitale sul piano delle tecnologie e come device di comunicazione della luce e dell’immagine?

Credo che il grande cambio al quale abbiamo assistito e stiamo assistendo in questi anni sia alla pari del passaggio muto/sonoro o b/n vs colore. Ora dobbiamo solo aspettare e divertirci perché credo che il futuro ci riserverà delle grandi sorprese. Non ho paura di quello che verrà, credo che fondamentalmente anche se ci saranno cambi sostanziali mai nessuno potrà togliere dalla nostra professione quello spirito artigianale che la contraddistingue.

Che cosa pensi in proposito e come interpreti nel tuo lavoro la sempre maggiore convergenza dei linguaggi luce-video-immagine?

Ritengo fermamente che lavorare con la luce e in definitiva con l’immagine altro non sia che la continua ricerca della sinestesia delle arti. Il fatto che ora si possano realizzare progetti che fino a poco tempo fa erano solamente immaginabili altro non può fare che spingerci ad essere più liberi ed a osare di più. Non dobbiamo essere conformisti ed adeguarci al minimo dei codici raggiunti, il mondo digitale ci permette di superarli per esprimere al massimo la nostra creatività. Ne vedremo delle belle.

IL PROGETTO DELLA LUCE E L’INTEGRAZIONE MULTIMEDIALE 

Marco Lucarelli

Un direttore della fotografia che si è formato presso l’Istituto di Istruzione Superiore per il Cinema e la Televisione ‘Roberto Rossellini’ e ha firmato le luci di diversi programmi televisivi di intrattenimento in prima serata, musicali e talent show, come ‘Tale e Quale Show’ , di alcune edizioni del Festival di Sanremo e del varietà ‘I Migliori Anni’.

Marco Lucarelli, direttore della fotografia e light designer per la televisione

Che spazio occupa oggi ed occuperà nel tuo lavoro il progetto della luce nel quadro del futuro prossimo della comunicazione media audiovisiva?

Per chi come nel mio caso si occupa di luci negli spettacoli televisivi, con particolare riferimento all’ intrattenimento nei programmi di prima serata, come quelli musicali, talent show, game show, ma ormai anche nei talk show, il progetto della luce rappresenta un passaggio di importanza fondamentale.

È in quella sede che tutte le informazioni e gli input ricevuti da quanti concorrono al concept di un programma, in particolare regista, scenografo, autori e grafici convergono, dando luogo alla nascita di un progetto luci che tiene conto di tutto e che porterà alla realizzazione dell’ impianto luci in tutte le sue componenti, strutture, apparecchi e non ultimo al team di quali e quante figure professionali occorreranno per gestirlo.

In considerazione di ciò e della sempre maggiore integrazione tra progetto scenografico, progetto grafico inteso come contenuti video sia di immagini che appunto di grafica, ed anche del tipo di apparati di ripresa che il regista utilizzerà, ritengo che in futuro sarà sempre più importante la fase progettuale, fondamentale per raggiungere un risultato armonico e che consenta a tutte le componenti di esprimere le proprie potenzialità al meglio.

“Tale e Quale Show” (2015). Direttore della fotografia: Marco Lucarelli (Regia: Maurizio Pagnussat)

Come valuti l’evoluzione del digitale sul piano delle tecnologie e come device di comunicazione della luce e dell’immagine?

L’innovazione tecnologica in continua evoluzione ha permesso negli ultimi anni sempre di più, in TV ma non solo, di costruire scenografie definite da grandi schermi luminosi e meno da elementi fisici; questo ha dato la possibilità di poter trasformare le ambientazioni sui vari palcoscenici attraverso le immagini con facilità.

La sempre maggiore risoluzione video degli apparati di visione (in particolare dei LEDwall), unita alla diminuzione di peso e dimensioni ha permesso di costruire sorprendenti scenografie virtuali all’ interno delle quali i protagonisti vengono immersi; risultati eccellenti si ottengono anche con l’utilizzo della videoproiezione con proiettori sempre più performanti in termini di risoluzione ed efficienza. In televisione poi si utilizzano talvolta anche pavimenti luminosi che possono riprodurre immagini che per poter essere valorizzate ed apprezzate spingono i registi ad utilizzare sistemi di ripresa aerei di vario tipo.

Che cosa pensi in proposito e come interpreti nel tuo lavoro la sempre maggiore convergenza dei linguaggi luce-video-immagine?

La convergenza ed integrazione di luce ed immagini probabilmente hanno dato
luogo ad un linguaggio nuovo e fornito un formidabile strumento espressivo ai creativi, che sfruttando queste grandi possibilità possono immaginare spettacoli fino a qualche tempo fa impensabili. Ne sono esempio alcune recenti realizzazioni a Roma di eventi multimediali veramente originali e spettacolari, fortemente coinvolgenti per gli spettatori che attraverso immagini proiettate, video, luci e suoni, possono assistere in luoghi come il Colosseo ed i Fori Imperiali a ricostruzioni e rievocazioni di quanto lì avveniva 2000 anni indietro.

Un altro esempio in questa direzione è un recente spettacolo di Marco Balich dove lo spettatore seduto in teatro, mediante una proiezione a 270°, performers dal vivo e grandi effetti scenici di luce e suoni, viene immerso nelle meraviglie della Cappella Sistina, in un nuovo genere di spettacolo, l’”Artainment”.

(a cura di Massimo Maria Villa)