
Lo scopo della luce nel progetto museale è quello di ispirare l’osservatore. Che si tratti di storia, scienza, tecnologia, arte classica o contemporanea, la presentazione delle opere deve essere attraente. La luce dunque è lo strumento del lighting designer per creare l’esperienza visiva, migliorando l’impatto delle opere in mostra.
Tuttavia, non bisogna dimenticare che l’illuminazione delle opere non è l’unica componente da considerare quando si parla di progetto museale. Il biglietto da visita del museo è l’entrata, che forma la prima impressione nel visitatore. Spesso l’entrata è illuminata da una mescolanza di luce artificiale e naturale, combinazione di cui è necessario tenere conto, nelle varie ore della giornata.
La luce deve poi guidare il fruitore durante tutta la visita: sia nelle sale museali che nei corridoi, sulle scale e attraverso i passaggi, gli spazi devono essere adeguatamente illuminati per evitare rischi per i visitatori. Inoltre, la luce deve creare un’atmosfera piacevole anche nei luoghi atti ad attirare i visitatori e invogliarli a rimanere, essendo fonte di ricavi, come le aree ristoro e i negozi, con l’esposizione di libri e oggetti.
Infine, la luce deve esaltare l’architettura esterna del museo, che si tratti di una ex fabbrica riconvertita a spazio espositivo o di un nuovo edificio in vetro e acciaio, opportunamente progettato allo scopo (figura 1).
Progettare con la luce
Dunque, la progettazione della luce all’interno dei musei è vitale sotto vari aspetti: per garantire la sicurezza dei visitatori, invogliarli a sostare nei punti vendita o ristoro, esaltare l’architettura esterna, illuminare gli ambienti dove sono esposte le opere.
Tuttavia, quando si parla di illuminazione museale, in genere si pensa alla luce che illumina le opere stesse, per renderle al meglio.
Il progettista della luce ha davanti a sè differenti opportunità: giocare con il colore, con la dimensione del fascio luminoso, l’intensità, la posizione, etc., e ogni artefatto – sia che si tratti di una scultura tridimensionale o di un’opera bidimensionale – deve essere illuminato in maniera studiata (figura 2): è meglio illuminare un quadro con una luce soffice uniforme, o utilizzare una luce d’accento per esaltare i contrasti e i colori? È preferibile una temperatura cromatica di 3000 o 4000 K? ¹ ²

D’altra parte, oltre alle esigenze creative del progettista, è necessario tenere conto di altri fattori fondamentali, soprattutto in un ambito di conservazione delle opere: ogni artefatto sopporta un certo grado di illuminamento (lux), inoltre, la parte di energia legata agli infrarossi (IR) e agli ultravioletti (UV) deve essere ridotta al minimo, dato che – oltre a non aggiungere alcuna informazione visiva – rovina le opere, accelerando il processo di degradazione molecolare.
L’avvento dei LED ha contribuito a ridurre questi problemi. A differenza delle lampade alogene, ricche di IR, i LED hanno uno spettro che copre quasi unicamente la zona del visibile, cosa che nella pratica si traduce anche in un alto rendimento e basso consumo energetico. Inoltre, la possibilità di avere temperature colore più alte o più basse offre un ulteriore strumento di scelta per il progettista, che ha la possibilità di rendere al meglio toni freddi o caldi.
La resa dei colori, infatti, è un altro parametro fondamentale, e – sebbene l’introduzione sul mercato dei LED abbia creato una certa effervescenza tra chi si occupa degli indici di resa cromatica – con la creazione di nuovi indici (soprattutto in ambito di ricerca), il classico CRI (Color Rendering Index) della CIE rimane lo standard.
Da tenere in considerazione poi è il posizionamento degli spot a LED, spesso caratterizzati da una superficie di emissione molto piccola, che richiede estrema cura nella progettazione, non solo per enfatizzare le opere, ma per evitare abbagliamento da parte di chi guarda (problema che riguarda poco i dipinti, ma che potrebbe verificarsi in un eventuale illuminazione controluce di opere scultoree).
Gli strumenti di misura
Quali sono gli strumenti di cui si deve dotare il lighting designer per tenere conto di tutti questi fattori?
Il tipo di strumento varia a seconda di ciò che si deve misurare. Nel caso si debba valutare l’abbagliamento (indice UGR: Unified Glare Rating) è fondamentale utilizzare un luminanzometro (figura 3). Con tale strumento è possibile misurare la luminanza (cd/m²) dello sfondo e degli apparecchi di illuminazione, dati necessari come input ai software illuminotecnici per i calcoli dell’UGR.
Nel caso si debba invece misurare l’illuminamento che raggiunge una superficie, come ad esempio un dipinto, è necessario l’utilizzo di un luxmetro. Esistono anche strumenti che permettono la misura del colore e dunque della temperatura colore correlata (figura 4).

Alcuni modelli permettono di separare la testa dal corpo, o di collegare assieme più teste, per una misura multi-point, in modo da valutare in maniera semplice e veloce l’uniformità di una superficie.
Infine, per poter misurare le caratteristiche spettrali della sorgente luminosa e dunque valutare l’indice di resa cromatica, è necessario dotarsi di uno spettrofotometro: ne esistono a ‘puntamento’, che misurano anche la luminanza, o versioni che fungono anche da luxmetro.
(a cura di Cristian Bonanomi – Konica Minolta Sensing Europe B.V.)
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¹ Massimo Iarussi, Dal punto di vista della luce, in Luce e Design – n. 5, ottobre 2019, pagina 20
² Francesco Murano, Illuminare le opere d’arte: le scelte prioritarie, in Luce e Design – n. 5, ottobre 2019, pagina 28
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