Nuovo Sistema Internazionale di unità di misura

Fotometria: verso una futura e migliore accuratezza

Figura 1 – Rappresentazione grafica del nuovo SI. Nel cerchio interno sono indicate le costanti di definizione e nel cerchio esterno i simboli delle relative unità di misura. L’unità di misura della costante di definizione non corrisponde a quella dell’unità associata come esplicitato in tabella (Copyright 2018, BIPM)

Il 20 maggio 2019 è entrata in vigore la revisione del Sistema Internazionale di Unità (SI). La nuova formulazione è stata approvata durante la 26ª Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure (CGPM) tenutasi a metà novembre del 2018. Quali le ricadute nel mondo tecnico?

Il nuovo SI Sistema Internazionale di Misura rappresenta una drastica rottura epistemologica rispetto all’approccio seguito precedentemente e corona anni di ricerche ed esperimenti tesi a migliorare metodi e procedure per la realizzazione delle unità di misura.

Nel nuovo sistema tutte le sette unità di base del sistema sono state ridefinite fissando un valore numerico, privo di incertezza, a sette costanti dette “di definizione” (tabella 1).

Tabella 1 – Elenco delle costanti di definizione delle unità di misura di base nel sistema SI in vigore dal 2019

Malgrado l’enfasi data all’evento, le ricadute nel mondo tecnico sembrano limitate e per molti, parafrasando due celebri frasi, questo “gigantesco balzo per la metrologia” sembra un modo per “cambiare tutto per non cambiare nulla”. Vediamo più in dettaglio di comprendere meglio la veridicità di questa affermazione, almeno nel caso della fotometria.

Origini della metrologia

La metrologia moderna parte dall’idea illuministica, sviluppatasi durante la Rivoluzione Francese, di riferire tutte le unità di misura alle proprietà di peculiari oggetti (a
esempio la terra per il metro) in modo che fossero disponibili “..À tous les temps, à tous les peuples¹”.

La difficoltà nell’ottemperare questo principio ha portato da una parte le nazioni industrializzate ad aderire al trattato della “Convenzione del Metro”, che dal 1875 gestisce il sistema SI, spingendo dall’altra scienziati come Planck nel 1900 a teorizzare unità di misura basate sulle costanti fondamentali della natura.

La difficoltà nel proporre un sistema di unità di misura ideale consiste nel fatto che questo deve essere:

(1) Universale: ovvero condiviso nelle scelte delle unità di misura di base che – sebbene debbano essere indipendenti tra di loro – sono in qualche modo arbitrarie, con scelte spesso dettate da ragioni storiche. È il caso della fotometria, dove la scelta dell’intensità luminosa, adottata fin dal 1760 da Lambert nel suo trattato sulla fotometria, era l’unica possibile quando le intensità potevano essere facilmente confrontate attraverso l’osservazione diretta con teste e banchi fotometrici.

(2) Stabile nel tempo e nello spazio, ovvero che le unità di misura non devono variare ed eventuali miglioramenti o nuove definizioni devono essere congruenti, entro i limiti dell’incertezza di misura, con le definizioni precedenti.

(3) Coerente, cioè deve permettere di valutare facilmente le grandezze derivate quando si combinano le unità di base per formare una nuova unità derivata, senza introdurre coefficienti numerici (per esempio per il lux vale l’equazione tra unità lx = cd sr m-²).

(4) Adatto alle necessità del mondo reale, ovvero deve permettere di realizzare le unità di misura con incertezza adeguata e la scelta delle unità di base deve considerare anche ragioni economiche e legali.

Il sistema SI, nelle sue evoluzioni e nella versione attuale (figura 1), è sempre stato un compromesso tra questi punti e le possibilità tecniche di realizzazione delle unità di misura.

I nuovi riferimenti adottati

La scelta delle costanti di definizione è caduta su alcune costanti fisiche fondamentali come la velocità della luce c, su costanti scelte per motivi legati alla tecnologia attualmente disponibile, come nel caso del secondo, e su costanti scelte per ragioni storico – pratiche.

Figura 2 – Confronto tra il coefficiente di visibilità per la visione fotopica K (λ) e il coefficiente di visibilità per la visione scotopica K’ (λ)

È questo il caso della fotometria, ove il valore numerico di Kcd deriva da confronti internazionali eseguiti considerando la definizione della candela del 1969 (corpo nero alla temperatura del platino fondente) e la frequenza della radiazione alla quale il coefficiente di visibilità per la visione fotopica Kcd e quello per la visione scotopica (figura 2) hanno lo stesso valore.

Cosa cambia nelle nuove definizioni

Candela. La nuova definizione: “..La candela, simbolo cd, è l’unità di misura SI dell’intensità luminosa in una data direzione. È definita imponendo il valore numerico fisso al coefficiente di visibilità di una radiazione monocromatica con frequenza pari a 540 x 10¹² Hz, Kcd di 683 quando espresso nelle unità lm W-¹ o, in modo equivalente nelle unità cd sr W-¹ o cd sr kg-¹ m-² s³, quando il chilogrammo, il metro, il secondo definiti in termini di h, c e ΔνCs” segue la falsariga di quella precedente ma con alcuni vantaggi:

• Attribuisce un nome al punto di intersezione di tutte le curve del coefficiente di visibilità considerando anche quelle della visione mesopica definite dalla CIE per il tramite del fattore m (figura 3).

Figura 3 – Confronto tra i coefficienti di visibilità delle condizioni di visione mesopiche, di visione fotopica (m = 1) e di visione scotopica (m = 0)

• Non fa cenno a nessuna sorgente, permettendo di adottare qualsiasi principio metrologico pertinente per la sua realizzazione.

• Stabilisce il principio che i valori massimi del coefficiente di visibilità per la visione fotopica (Km) e scotopica (K’m) cambiano, seppur di poco, con l’indice di rifrazione dell’atmosfera, in quanto cambia la lunghezza d’onda λ cd, rispetto al valore di 555,171 nm che avrebbe nel vuoto. Nella pratica illuminotecnica questi punti non hanno ripercussioni pratiche.

Figura 4 – Con un progetto internazionale l’INRIM si sta lavorando attorno ad una nuova realizzazione dell’unità di misura dell’intensità luminosa attraverso rilevatori in grado di contare i singoli fotoni (fonte: INRIM)

Purtroppo le grandezze fotometriche sono le cenerentole del sistema SI, infatti le migliori realizzazioni della candela hanno un’incertezza di misura dell’ordine dello 0,01%, notevolmente superiore rispetto a quella di tutte le altre unità di misura.

Sul campo le incertezze generalmente superano qualche percento.

Tuttavia, questa definizione permette nuove possibilità per realizzare l’unità e la più promettente sembra essere la tecnica di conteggio dei singoli fotoni (figura 4).

Questa metodologia ha un’incertezza di misura limite teorica dell’ordine di 10-¹² ; ma ad oggi non è ancora disponibile un’adeguata tecnologia a raggiungere questo obiettivo.

Figura 4 a

Le prossime ricadute nell’ambito della misurazione

Nell’immediato una sensibile riduzione dell’incertezza di misura, nelle applicazioni, sarà possibile con l’introduzione da parte della CIE di una serie di illuminanti riferiti alle sorgenti LED (illuminanti L) (figura 5).

Figura 5 – Nel prossimo futuro, gli illuminanti L riferiti alle sorgenti LED sostituiranno l’illuminante A associato alle sorgenti ad incandescenza

Abbandonando l’illuminante A, attuale riferimento associato a sorgenti a incandescenza, sarà infatti possibile tarare luxmetri e luminanzometri con sorgenti aventi spettro di emissione simile a quello delle sorgenti realmente utilizzate per l’illuminazione artificiale, riducendo sensibilmente, nelle misure, l’influenza delle variazioni della sensibilità spettrale dei rivelatori rispetto alla curva teorica, data dal fattore spettrale di visibilità V(λ)

( a cura di ing. Giuseppe Rossi, ispettore ACCREDIA – ricercatore INRIM, Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica, Torino)

 

¹ Dal discorso “Sulla scelta delle unità di misura” tenuto da Borda, Lagrange, Laplace, Monge e Condorcet il 19 marzo 1791 all’“Académie Royale des Sciences