
Dall’immagine ideale del Design che vedeva in ufficio uomini al lavoro nella penombra, attraverso gli eccessi di alcuni ‘scenari bianchi’ di un’illuminazione industriale talvolta eccessiva e indifferenziata, fino alle recenti indicazioni poste in essere dagli approcci secondo “Human Centric Lighting”: nel nostro Speciale una lettura dell’evoluzione dell’illuminazione negli ambiti industriali condotta sul piano degli approcci alla progettazione
1. Illuminazione industriale
La luce negli uffici
A metà degli anni Novanta una immagine pubblicitaria di Olivetti “Synthesis” esibiva gli arredi per ufficio, disegnati da Ettore Sottsass, in una atmosfera dove il lavoro sembrava essere stato appena sospeso e mostrava un ambiente un poco disordinato, ma ricco di carattere, concentrazione e comfort.
In quell’immagine la luce era discretamente soffusa con accenti morbidi sulle postazioni di lavoro e, mancando un’emissione costante del flusso dall’alto, ogni microcosmo di attività rimaneva come pervaso dalla riflessione luminosa di un apparecchio da tavolo, o da terra, che risentiva del tono cromatico del piano, del muro, della cassettiera.
L’apparizione delle prime soluzioni a luce LED e lo “scenario bianco”
Quella immagine era l’esatto contrario di ciò che invece avrebbe conformato gli spazi del lavoro negli anni seguenti quando – complice la diffusione spesso non qualitativa della prima generazione degli apparecchi a luce LED – non era più l’individuo il fine del progetto e l’obiettivo dell’illuminazione era diventato quello di una emissione costante e potente della luce.
Dovunque ci si spostava negli spazi, e qualunque fosse la necessità dell’operatore, l’opzione preferita era quella di garantire un’uniforme e costante cascata lucente dall’alto (almeno 500 lux), indifferente alle necessità di ognuno, che amalgamava i colori, spe
gneva le emozioni e andava ad appiattire l’esperienza lavorativa quotidiana.
Da allora – e fortunatamente non sempre – una colpevole negligenza ha spesso accompagnato il progetto della luce per i luoghi di lavoro, incentivata dalla diffusione di sorgenti a luce LED di costo moderato, efficienti, all’insegna del risparmio energetico.
Ciò è stato preludio del successo di uno “scenario bianco”, in qualche caso anche abbacinante, dove tutto è ordinato, pulito, distaccato, e le persone appaiono quasi fossero intruse in un habitat quasi disumano.
Se da una parte dietro questa logica progettuale sembrava esserci la coniugazione semplificata dell’imperativo comprensibile di limitare allacci e prese, e di non avere ingombri al pavimento e cose mobili sui piani di lavoro, questo approccio è diventato in più di un caso un’ottimizzazione funzionalista in chiave minimal combinata con gli arredi anonimi e le angosce montanti del lavoro in ufficio, a cui troppi progettisti di interni hanno aderito senza sforzo critico, nonostante alcune limitate – ma significative – “obiezioni” riscontrabili in alcuni prodotti di Artemide e Luceplan, o nei primi sistemi a modulazione di luce (come il SIVRA di iGuzzini).
Le soluzioni di illuminazione a scomparsa
Alla fine, nel primo decennio del XXI secolo l’Interior Designer ha “cancellato” gli apparecchi di illuminazione dalle proprie web library, lasciando muri, soffitti e piani, sgombri e lindi, mentre i Product Designer, soccorsi dal consolidarsi della tecnologia LED, hanno concentrato le loro attenzioni progettuali nelle caratteristiche tecniche e fotometriche dell’emissione fulgida generata da proiettori ultracompatti e all’apparenza percettiva privi di forma e materia (per questo motivo, da una parte, più facilmente imitabili), in cui viene esaltata la qualità del flusso, ma si è andata un poco a mortificare ad avviso di chi scrive l’utilità del segno.
A questo proposito non va infatti dimenticato il contributo che gli apparecchi, volumetrici ed espressivi, forniscono nel migliorare l’acustica degli ambienti (per gli effetti smorzanti e connotativi) e nel caratterizzare e qualificare gli aspetti visivi della fruizione: su entrambi i piani con importanti risultati in termini di qualità della vita e benessere diffuso. E tutto questo senza tralasciare il portato comunicazionale che la luce negli ambienti industriali concorre a costruire per aumentare l’immagine e il rating aziendali.

L’avvento delle ricerche sugli effetti biodinamici della luce e dell’Human Centric Lighting
Bisogna chiarire che la distribuzione della luce, livellata nell’intensità e costante nel tempo, è stata una caratteristica perseguita negli anni dagli illuminotecnici ed è indispensabile, per esempio, nell’ambito delle strade veicolari, ma non è assolutamente un valore nell’illuminazione di luoghi frequentati a lungo dalle persone e, sicuramente, il posto di lavoro – dove l’impiegato/operatore si trova in contatto con uno schermo o con una macchina utensile – è il contesto dove serve la variabilità, perché si passa il maggior numero di ore ed applicando in termini di impegno la più intensa attenzione.
A questo scopo decine di ricerche sugli effetti fisici e psicofisici della luce artificiale, hanno documentato i danni relativi e comprovato l’efficacia di sistemi e accorgimenti che riescano a ottenere una regolazione adattiva della luce.
Tra questi sistemi i risultati più interessanti prevedono una spiccata variabilità, nel tempo e in rapporto alle attività da svolgere, della temperatura di colore e dell’intensità delle sorgenti, mediante la produzione di luce biodinamica, che ha un’emissione molto simile alle fluttuazioni della luce naturale e dei suoi ritmi, con l’aggiunta di opportuni accomodamenti se è compresente la radiazione solare con l’illuminazione naturale degli spazi.
Alcuni di questi studi, e segnatamente quelli della Harward Medical School e dello Jefferson Medical College, sono serviti per stabilire che la disponibilità e la temperatura della luce influenza la produzione ormonale e quindi l’umore, il ciclo vegliasonno, la stabilità emotiva.
Complessivamente questi effetti biologici incidono sulla efficacia del lavoro e finanche nel lungo periodo sulla salute. Per ovvi motivi i successivi approfondimenti sulla efficacia dei sistemi a luce biodinamica, che hanno dimostrato efficacia in condizioni di lavoro estremo come i luoghi confinati di controllo perenne (civili e militari), erano volti a migliorare la luce artificiale dove è assente quella naturale.
Negli ultimi anni, per l’effetto congiunto della diffusione di sorgenti a luce LED molto potenti e per la tendenza “culturale” a illuminare in forma equivalente tutti gli ambiti dei luoghi di lavoro, insieme al diffuso innalzamento dei livelli di flusso che prevalgono spesso sull’emissione naturale, si è determinata nuovamente in diverse situazioni la prevalenza di condizioni generali di illuminazione uniforme.
Di conseguenza, anche in presenza di una radiazione solare spesso accessoria, per riequilibrare l’illuminazione nella direzione di quella variabilità dinamica proposta da un approccio progettuale secondo Human Centric Lighting, diventa necessaria una gestione dell’illuminazione attraverso una riduzione dei flussi e l’utilizzo della modulazione della componente artificiale e, dove possibile, con una maggiore integrazione della componente della radiazione solare spontanea in funzione di variante “attiva”.

2. Illuminazione industriale
La luce nei reparti di produzione
Le considerazioni di cui sopra riguardano la prima metà del problema dell’illuminazione dei luoghi lavoro: l’ufficio. L’altra metà è rappresentato dalla luce nei reparti di produzione dei manufatti. La storia delle officine ci restituisce qui un passato non così lontano dove l’ambiente era ambiente grigio e fumoso e dove la luce, qualunque luce, era una conquista.
Oggi la produzione si svolge tra macchine intelligenti, attrezzi raffinati, ambienti confortevoli, ma la risposta dei progettisti non è ancora cambiata – se non in pochi casi – e continua tante volte a prevedere file di plafoniere insensibili ai transiti umani.
In questi contesti invece, dove le capacità cognitive si trasferiscono alle abilità manuali, è urgente applicare – declinandole al caso – le stesse attenzioni rivolte all’illuminazione del lavoro intellettuale vero e proprio. Anche qui occorrono la rilevazione della presenza, l’adozione di sistemi di regolazione per l’integrazione tra illuminazione artificiale e luce diurna, e magari in alcuni casi andrà aggiunta la gestione dinamica
degli impianti integrando ulteriori funzionalità finalizzate a “seguire” l’operaio nelle sue mansioni.
L’opificio industriale dell’ex GMA di Giugliano (ora sede della società PROTOM, di cui proponiamo qualche immagine e una breve scheda info) è un esperimento riuscito di questa integrazione progettuale che massimizza il risultato illuminotecnico e quello formale.
In sintesi i luoghi di lavoro devono essere progettati con una nuova e speciale armonia tra le competenze legate all’edilizia e quelle proprie al lighting design per inserire non soltanto apparecchi efficienti e a basso consumo, ma – per i tempi dilatati della permanenza e per l’esigenza di poter espletare prestazioni cognitive e manuali in completa sicurezza – occorre anche l’adozione di apparecchi di illuminazione “espressivi” e co-prestazionali con gli aspetti acustici e termici, meglio se integrati con sistemi di luce biodinamica e con una significativa presenza di luce e ventilazione naturali.
Un orientamento progettuale questo particolarmente utile in una fase come questa, ancora segnata dall’emergenza pandemica.
(a cura di arch. Salvatore Cozzolino, Coordinator Responsible Design Lab – Department DADI, Università della Campania “Luigi Vanvitelli”- ADImember)
***
PROTOM GROUP. AZIENDA AEROSPAZIALE E DI SERVIZI TECNOLOGICI – EX-GMA (GIUGLIANO-NAPOLI)


La sede di PROTOM Group – ex GMA (Generale Meccatronica Applicata), è un luogo di lavoro concentrato attorno ad un grande giardino interno, fonte di luce e aria naturale e di miglioramento termo-igrometrico.
L’edificio compatto, volutamente chiuso verso l’esterno, si articola su 3 livelli: mensa, palestra, data center, sala conferenze e showroom nell’interrato, produzione meccanica ed elettronica al piano terra, uffici operativi e direzione al primo piano.
L’illuminazione è assicurata da diversi sistemi (di iGuzzini) e, nella mensa, da apparecchi decorativi utili anche per la correzione acustica.
L’impiantistica generale prevede anche la reimmissione in falda delle acque piovane.

Gli uffici e i reparti produttivi hanno un affaccio, comune tra più unità, su diversi microgiardini e godono di un sistema integrato di aria e luce (naturale e artificiale) per ottenere il massimo benessere psicofisico dei lavoratori.
***
ZUMTOBEL GROUP
Lo stabilimento produttivo di Ceramiche Mariner (RE)
Il nuovo stabilimento produttivo della storica azienda di Ceramiche Mariner (RE), rientra tra gli interventi più virtuosi degli ultimi anni, sia per portata dell’investimento che per il livello di innovazione raggiunto.
Zumtobel Group ha sviluppato per l’intero complesso soluzioni innovative e fortemente ispirate ai concetti di efficacia e risparmio energetico, senza trascurare l’attenzione per il compito visivo e di conseguenza l’aumento della soglia di attenzione e la riduzione dei fattori di rischio per gli operatori, rispettando la peculiarità delle varie aree applicative.
Per gli spazi produttivi
Nello spazio di produzione della ceramica, rivelatosi il più complesso per la concentrazione di polveri e temperature elevate, Zumtobel Group ha fornito uno dei suoi sistemi di punta, “Craft”, un riflettore industriale tanto compatto quanto potente, in grado di rispondere a criteri tanto restrittivi grazie alle sue caratteristiche tecniche, pensate per limitare il deposito di polveri e assicurare in questo modo il migliore scambio termico necessario al corretto funzionamento dell’apparecchio, con una temperatura colore di 5000 K adatta alle particolari lavorazioni richieste dall’azienda.

Nelle altre aree operative, dove è necessario un elevato volume luminoso sono stati utilizzati apparecchi stagni tra cui la plafoniera “Aquaforce”.
Negli uffici, dove è fondamentale un elevato controllo dell’abbagliamento, dato il continuo rapporto con il prodotto finito, il suo controllo e la sua ideazione, la scelta è caduta sul sistema ad incasso “Mirel Evolution”.
Le aree esterne dello stabilimento – che sono attive 24/24 con un continuo traffico di mezzi di trasporto – per unire flessibilità e confort per gli operatori sono state illuminate con armature stradali “Flow”.

La gestione dell’impianto
Un impianto così articolato necessita di un controllo accurato che preveda anche il bilanciamento automatico tra luce artificiale e naturale, e che sia di facile apprendimento e riconfigurazione per aggiornamenti futuri: la scelta è ricaduta su “LITECOM Infinity”, un dispositivo tecnologicamente avanzato capace di assicurare la flessibilità e semplicità del controller locale alla potenza di un sistema centralizzato di grandi dimensioni, grazie alla sua caratteristica che prevede la possibile messa in rete di ogni unità, come nel progetto in questione che ne conta ben 7 poste in rete fra loro.
Il sistema dispone di richiami automatizzati sia per scene di luce che per scenari specifici con cicli di apertura delle finestre, per garantire un continuo riciclo dell’aria ed un ambiente di conseguenza più salubre per il lavoratore.
Tutto il sistema è controllabile da una serie di unità di comando e interfacce, dai touchpanel a parete alle APP LITECOM facilmente utilizzabili da tablet o smartphone, anche grazie agli Access Point WiFi distribuiti in tutta l’area.
ZG è stata in grado di fornire un supporto al cliente a 360 gradi, con un progetto chiavi in mano seguito da un unico referente del Gruppo a partire dallo studio iniziale sino alla realizzazione del progetto finito.
***
PALAZZOLI
Serie di apparecchi “X-Tigua
Il sistema di illuminazione “X-Tigua” di Palazzoli rappresenta un sistema innovativo, in quanto racchiude in un unico modello le principali esigenze degli impianti di illuminazione per interni industriali, per esterni e anche per gallerie stradali.
Il sistema ad elevato flusso luminoso è stato infatti progettato in una forma modulare per adattarsi alle più differenti esigenze installative. La componentistica di alta qualità interna (LED e alimentatori) si integra nel corpo in lega di alluminio a basso tenore di rame per elevate performance e resistenza in ambienti estremi.
La versione sospensione si articola in 2 taglie con flussi luminosi fino a 49.000 lm in uscita, ed è idonea per l’illuminazione di luoghi con elevate temperature ambientali, come impianti siderurgici, acciaierie e laminatoi.

I LED di ultima generazione sono in grado di mantenere il flusso luminoso nel tempo con una durata superiore alle 120.000 h a + 55°C e 100.000 h con temperatura ambiente fino a +70°C.
L’apparecchio è dotato di driver DALI che permette la regolazione punto-punto della luce realizzando un ulteriore risparmio energetico grazie alla gestione della luce. La temperatura colore 4000K e il CRI>80 garantiscono un comfort ideale in termini di illuminamento. Le ottiche sono realizzate con lenti in PMMA anti invecchiamento resistenti ai raggi UV e rendimento >90% e indice di trasparenza >95%.
L’apparecchio “X-Tigua” è dotato di aggancio rapido a sospensione e con specifici accessori può essere installato a plafone o a doppia catena.
La versione proiettore si articola in 3 taglie e arriva a 65.000 lm reali in uscita. Oltre che per l’illuminazione di impianti sportivi, è una soluzione ideale nell’illuminazione di grandi aree come gli spazi esterni industriali.

La vita stimata dell’apparecchio è di oltre 100.000 ore a +55°C. La protezione contro le scariche in ingresso fino a 8kV consente a questo apparecchio di resistere più a lungo anche nelle installazioni outdoor.
Temperatura colore 4000K e CRI≥80, e ottiche realizzate con lenti in PMMA antiinvecchiamento resistenti ai raggi UV e rendimento >90% e trasparenza >95%.
Nella gamma disponibile sono presenti 3 ottiche con fasci simmetrici, 3 con emissione asimmetrica e 1 di tipo stradale per realizzare soluzioni che si integrano alla perfezione nei diversi progetti illuminotecnici. Il connettore in dotazione con l’apparecchio permette di realizzare un cablaggio veloce e sicuro.
L’apparecchio “X-Tigua” dispone di una vasta gamma di accessori per l’installazione a parete, su palo e torre faro per adattarsi facilmente alle diverse esigenze installative.