Il nuovo Lascaux IV, Centro internazionale per l’arte rupestre a Montignac, in Francia, coinvolge i visitatori in un’esperienza immersiva nei dipinti preistorici delle cave di Lascaux, esperienza che si sviluppa attraverso un percorso tra diversi livelli del terreno accompagnato dalla luce che da naturale passa gradualmente al lume di candela
A Montignac, un team di progettisti ha lavorato con grande attenzione per la riproposizione di questo sito archeologico: lo studio Snøhetta e SRA per la parte architettonica, di Interior e Landscape Design, lo studio Casson Mann per l’allestimento scenografico, con la collaborazione di un team multidisciplinare di tecnici, strutturisti e archeologi, mentre il progetto di lighting è stato realizzato a cura di 8’18’’ Concepteurs & Plasticiens Lumière.
Le pitture rupestri del sito di Lascaux risalgono a circa ventimila anni fa e sono considerate – con quelle del sito di Altamira in Spagna – il più importante esempio conosciuto di pittura paleolitica, non a caso definite “La Cappella Sistina” della preistoria per il loro significato spirituale e storico.
Scoperte nel 1940 e aperte al pubblico nel 1948, le grotte divennero in breve una grande attrazione turistica e acquisirono ben presto fama mondiale, ma il grande afflusso di visitatori e il contatto con l’esterno diedero avvio in pochi anni ad un processo di degrado dei dipinti finché nel 1963 fu deciso di chiudere il sito al pubblico in modo permanente per preservarlo.
Negli anni questo sito entrò a far parte del patrimonio dell’UNESCO mentre, per ovviare alla limitazione imposta, furono creati due nuovi siti espositivi visitabili, chiamati Lascaux II e Lascaux III che replicavano alcune zone originali delle grotte.
Con il Lascaux IV, inaugurato nel dicembre 2016, si è raggiunto il vertice di un percorso museale, dove la tecnologia viene utilizzata al servizio della narrazione, insieme con una riproduzione fedelissima delle grotte e delle loro pitture.
Architettonicamente parlando, la struttura di Lascaux IV si trova all’intersezione di due tipologie di paesaggio, esattamente tra le colline e i campi agricoli tipici della valle del fiume Vézère. Il complesso appare come un taglio naturale nel paesaggio e il ricorso al calcestruzzo a vista, con venature orizzontali, rafforza l’immagine dell’opera monolitica, imitando l’azione di scavo nella roccia.
In questo modo Snøhetta ha costruito un’architettura che si sviluppa parzialmente nel sottosuolo, con due punti di apertura alla luce solare, il primo creato da un taglio frontale, sulla facciata principale e di ingresso, il secondo con un profondo taglio lungo la spina dorsale dell’edificio, parzialmente tamponato da una copertura in vetro, con un’illuminazione verticale.
Il percorso tortuoso attraverso il paesaggio e la discesa graduale nei sotterranei crea per i visitatori un’esperienza simile a quella dei primi scopritori della caverna nel 1940.
La replica della grotta è stata sviluppata attraverso le più avanzate tecnologie di scansione e fusione laser 3D che simulano la forma originale della caverna con una tolleranza di 1 mm.
Dopo la loro costruzione, le grotte sono state sottoposte ad un attento processo analogico: 25 artisti hanno trascorso 2 anni a dipingere a mano 900 metri di riproduzioni di rocce resinose. Per garantire il massimo livello di precisione, hanno utilizzato gli stessi pigmenti usati dai pittori preistorici 20.000 anni fa per ricreare i dipinti e le incisioni che adornano le pareti di Lascaux IV.
All’interno della grotta riprodotta, l’atmosfera è umida, l’ambiente scuro, i suoni ovattati; la temperatura scende a 16°. Le luci hanno un leggero sfarfallìo tipico della luce naturale delle lampade del periodo Paleolitico, ottenuta con il grasso animale, rivelando i dipinti e le incisioni sulle pareti.
All’uscita dalla grotta ricostruita, i visitatori giungono in uno spazio di transizione noto come ‘Giardino delle caverne’, per potersi riadattare al contesto esterno: la relazione con il cielo, la presenza di piante e il suono dell’acqua che scorre fanno da cornice a questo momento. In tutto il Museo, l’esperienza del visitatore mette in sequenza un equilibrio di forti differenze di atmosfere, luci e intensità, dagli spazi espositivi chiusi situati nella collina, alla hall piena di luce naturale, agli spazi di transizione. La giustapposizione tra discesa e salita, dentro e fuori, terra e cielo, o natura e arte, evoca un’esperienza analoga a quella delle grotte.
Nell’allestimento realizzato, le installazioni di Casson Mann sono arricchite da esperienze di apprendimento digitale, che utilizzano nuovi dispositivi tecnologici e schermi interattivi per offrire i risultati delle ricerche dei più recenti esperti preistorici e degli archeologi.
I visitatori possono interagire con un dispositivo appositamente progettato per il Museo, “Companion De Visite”, un sussidio digitale interattivo che libera gli spazi della galleria dai pannelli di testo, fondendo arte, storia, cultura e contemplazione e offrendo differenti livelli di informazioni e viste aggiuntive nella realtà virtuale del passato.
Il primo spazio espositivo, The Workshop (L’Atelier de Lascaux), propone 8 frammenti di pareti rocciose sospese, che permette ai visitatori di esaminare i dipinti più da vicino, fornendo anche informazioni sulla storia delle grotte, la loro scoperta, e su come hanno lavorato gli artisti di 20.000 anni fa.
Il Cave Art Theatre (Le theater de l’art parietal) presenta invece unarappresentazione teatrale in tre atti che utilizza luce, suono, film e oggetti per dare vita alla storia dell’arte rupestre di Lascaux. Nel cinema, i visitatori indossano occhiali 3D stereoscopici per compiere un viaggio digitale in 3D attraverso la caverna.
Nella Galleria Imagination, (La galerie de l’immaginario) – sezione curata da John Paul Jouary – i visitatori possono esplorare l’influenza dell’arte rupestre preistorica sugli artisti moderni e contemporanei.
Il trattamento grezzo e incompiuto del calcestruzzo architettonico evoca il mondo minerale, la roccia delle colline e la grotta, mentre il secondo materiale predominante del progetto, il vetro, è presente nella facciata e sul tetto dello spazio dei percorsi.
La trasparenza della facciata crea una connessione visiva diretta tra l’esterno e l’interno, invitando il pubblico a entrare.
Condizioni di luce mutevoli sottolineano le funzioni e le atmosfere di ogni spazio. Per quanto riguarda gli arredi, gli architetti hanno progettato strutture in cemento che non interferiscono con l’esperienza e il design del museo, come nel caso dei mobili in cemento nell’area della reception e nello spazio dei percorsi.
Il Lighting Design
La luce artificiale è stata progettata per integrarsi con l’architettura enfatizzando i volumi e rivelando l’aspetto sotterraneo. Gli apparecchi di illuminazione non sono direttamente visibili: l’effetto luminoso dà la sensazione che la luce provenga dalle viscere della collina di Lascaux.
Viene enfatizzata la massa delle grandi pareti in cemento strutturato, che evoca
no l’azione dell’acqua sulla roccia che ha scavato le grotte di Lascaux nei secoli. La luce trova in questo progetto una sua collocazione ed espressione in queste masse tettoniche solo attraverso faglie, rotture: nella grande sala e al ristorante, enormi gole luminose smaterializzano l’incontro tra controsoffitti e grandi pareti di cemento; lungo i percorsi, a terra, crepe luminose di grandi dimensioni rivelano le trame delle porzioni di cemento dal basso, suggerendo la presenza di fondazioni profonde.
Nell’area della contemplazione, i tagli creati nel soffitto sono come grandi pozzi di luce naturale, attraverso i quali sono sospesi immensi frammenti di dipinti. Lunghi tubi metallici verniciati di bianco sostengono queste riproduzioni, con funzione fortemente decorativa, ripetendosi numerosi, oltre la loro funzione strutturale, e ricordando le stalattiti.
L’effetto luminoso dei pozzi di luce è ottenuto da metri di stripLED (con temperatura colore bianco freddo, 4000K) disposti in una veletta sottile, che creano un’illuminazione diffusa, con illuminamenti intorno ai 100 lux medi. Per i frammenti dei dipinti sospesi invece, i livelli di illuminazione sono compresi fra i 400 e i 500 lux, per consentire al visitatore una nuova e più dettagliata seconda lettura dei dipinti, oltre alla grotta.
Per questo motivo, un doppio sistema d’illuminazione, completamente dimmerabile, è stato installato lungo i percorsi che conducono il visitatore: proiettori orientabili con luce LED, associati a linee di apparecchi per fluorescenti schermati da un diffusore in vetro, fanno dialogare l’insieme tra atmosfere differenziate.
La temperatura colore decresce man mano che si passa dalla luce naturale scendendo nel sotterraneo: abbiamo una tc di 4000K negli spazi che hanno una relazione più forte con l’esterno e per i grandi lucernari nell’area della contemplazione per simulare la luce naturale, una tc 3200K per lo spazio museale e una tc di 2900K nel sotterraneo.
Nella ricostruzione della grotta, per preservarne un certo mistero, le opere sono in penombra (da 30 a 50 lux). Questa «illuminazione paleolitica» è ispirata alle lampade ad olio trovate nella grotta: oggetti realizzati in semplice calcare leggermente scavato che ospitavano uno stoppino vegetale generalmente realizzato con fibre di ginepro e grasso animale per la fiamma, l’antenato della candela in un certo senso.
Le repliche sono state realizzate simulando le stesse tecniche con sorgenti LED da 2W e temperatura di colore di 2900 K, a evocare il calore e il colore della fiamma.
Grazie al sistema di gestione, un effetto di vibrazione viene applicato delicatamente su alcune sorgenti, per evocare il passaggio delle correnti d’aria nei cunicoli sotterranei della collina.
La sorgente luminosa è stata anche accuratamente selezionata per soddisfare livelli di eccellenza nella resa cromatica, in particolare per lo spettro specifico del rosso, solitamente mal restituito dai LED (con IRC sopra 97).
Una vasta gamma di fasci d’apertura (10, 25 e 40 °), associata ad un giunto sferico per orientarli, ha consentito puntamenti adeguati per ogni opera, con un livello medio di illuminazione da 30 a 50 lux.
Il posizionamento di queste «lampade a grasso», negli anfratti delle pareti o sul pavimento della grotta, è stato gestito da un gruppo di esperti per accrescerne la credibilità dal punto di vista archeologico.
(a cura di Giordana Arcesilai, lighting designer – Bologna)
MONTIGNAC. LASCAUX IV. CENTRO INTERNAZIONALE PER L’ARTE RUPESTRE