OLED & SUPERFICIE

Da Kandinsky alla forma curva arrotolabile

“LivingSculpture 3D” (2012-2013) (courtesy: Philips LumiBlade)

Uno spazio che propone una serie di casi esemplari della relazione fra luce e design, declinati ogni volta da una parola guida

PAROLA GUIDA: Oled & Superficie

In “Punto, linea superficie” Wassily Kandinsky raccoglie, nel 1926, le lezioni sulla teoria della forma tenute durante gli anni di insegnamento al Bauhaus. Nello sforzo compiuto per fondare una scienza dell’arte, Kandinsky si propone di chiarire alcuni concetti e procedimenti elementari di configurazione formale.

Wassily Kandinsky – “Composizione VIII”, (1923) (courtesy: areeweb.polito.it)

Così, mentre la linea è “la massima antitesi dell’elemento pittorico originario – il punto”, e “la retta è una piena negazione della superficie, la curva, invece, contiene in sé un nucleo della superficie.”

La superficie è per Kandinsky un “essere vivente”, che accoglie il contenuto dell’opera e le tensioni che al suo interno si determinano.

Il passaggio dal LED all’OLED meriterebbe, sul piano concettuale, analoghe riflessioni perché, come ricordava Max Bill, punto, linea e superficie sono i fondamenti dell’arte concreta e lo studio degli elementi basilari della forma necessitano di una presa di “coscienza della struttura interna, dello spirito e dell’idea di questo nuovo genere di arte”.

Nel campo dell’illuminazione, la sorgente puntiforme è stata realizzata compiutamente per la prima volta con l’alogena in bassissima tensione, mentre la linea retta con il tubo fluorescente. Come ha dimostrato Lucio Fontana alla IX Triennale del 1951, il tubo curvo e continuo al neon-argo ha liberato totalmente il disegno della linea di luce.

Superfici di luce sono da sempre state realizzate con la retroilluminazione di materiali opalini: tra i più recenti il Barrisol. Prima che il LED permettesse di ridurre gli spessori dei pannelli luminosi, le piastre elettroluminescenti avevano già prospettato, un quarto di secolo fa, la possibilità di avere fogli di luce sottilissimi e flessibili.

Rispetto al LED, che lavora principalmente su configurazioni puntiformi o lineari, l’OLED offre il vantaggio di poter creare superfici luminose emittenti di spessore minimo. Per effetto dell’accelerazione tecnologica a cui questa tecnologia è stata sottoposta negli ultimi anni, queste sottili superfici possono oggi, inoltre, venire curvate.

Sono le tecnologie dell’immagine a condurre il gioco.

Al CES (Consumer Electronic Show) di Las Vegas del 2019, la più grande fiera elettronica del mondo, è stato il marchio cinese Royole a proporre per primo sul mercato il Royole Flex Pai, uno smartphone pieghevole.

Nella ricerca sul LED organico a matrice attiva (AMOLED), che vanta anche un minor impatto ambientale in termini di ciclo produttivo e di dismissione (lifecycle), sono oggi impegnate aziende come Samsung, LG, Osram.

OLED curvabile e flessibile di LG (2015) (courtesy: HD Blog)

Nel momento in cui (come già è avvenuto per il LED) queste tecnologie si trasferiranno con le logiche dei grandi numeri dai videoschermi al campo dell’illuminazione, avremo a disposizione sorgenti luminose straordinariamente plasmabili sul piano formale: Curved, folded & bendable, curled & rollable, transparent (curve, pieghevoli, arrotolabili, trasparenti) sono infatti i termini che ne illustrano le potenzialità e le caratteristiche.

Possiamo dunque immaginare ambienti domestici, luoghi di lavoro e spazi urbani caratterizzati da superfici emittenti adattabili, fogli di luce che si arrotolano (comparendo e scomparendo come un telo da proiezione), e spazi costellati dalla presenza evanescente di immagini “galleggianti” su supporti trasparenti: una sorta di pervasiva Augmented Reality.

Personaggi in cerca di autore

Come sempre, le nuove tecnologie in questo momento sono personaggi in cerca d’autore, perciò gli OLED di quinta generazione, a parte alcune applicazioni nel campo dell’automotive e del visual lighting signage, attendono interpreti per quanto riguarda la ricerca sulla potenzialità espressiva della superficie di luce curva. Saranno, con ogni probabilità, gli architetti e i designer d’interni, in collaborazione con i lighting designer, gli artefici di questa rivoluzione. O forse i designer in collaborazione con gli artisti.

Ricorrono quest’anno i 50 anni dalla scomparsa di Joe Colombo (19311971). Un archetipo del concetto di apparecchio d’illuminazione curvo e trasparente può essere considerato la lampada da tavolo l’Acrilica ( 1962, per Oluce), disegnata assieme al fratello Gianni.

Joe Colombo, Lampada da tavolo “Acrilica” (1962, per Oluce)

Questa lampada è costituita da un foglio di metacrilato trasparente di grosso spessore sagomato. Sfruttando il potere di conducibilità ottica del materiale plastico, una piccola sorgente luminosa – allora fluorescente e nascosta alla vista all’interno della base metallica – proietta il fascio luminoso sul piano attraverso la lampada.

Il risultato è ancor oggi spiazzante, perché sembra “curvare” la luce. Forse è quello il tipo di immaginazione oggi necessaria per sfruttare le potenzialità della luce flessibile plasmabile e curvabile.

In quegli anni Gianni Colombo era tra gli artisti del gruppo T che avevano dato l’avvio all’esperienza dell’arte cinetica e programmata. Uno di loro, Giovanni Anceschi, ha ricordato recentemente che l’arte concreta non rappresenta, ma presenta. Che cosa? Il divenire. Se vogliamo superare la fase decorativa, ripassiamo dunque l’alfabeto di Kandinsky e qualche rudimento di elettronica.

Perché non si può mai stare fermi, come ricordava Ernesto Gismondi a Massimo Maria Villa, in un’intervista per LUCE E DESIGN nel 2013, quando “il mondo si sta girando e diventa tutto elettronico”.

(a cura di Dario Scodeller – storico e teorico del Design, Venezia)