
In linea di principio l’introduzione di una nuova tecnologia è un evento “neutro” rispetto al diritto della proprietà intellettuale, anche se le modifiche apportate possono creare oggetti nuovi, e allora..
Il diritto della proprietà intellettuale detta regole che, con poche eccezioni, si applicano a tutti i settori della tecnica, secondo il principio espressamente enunciato a livello internazionale dall’art. 27 dell’Accordo TRIPs (il testo elaborato in sede WTO che detta gli standard di protezione di tutti i diritti IP), che la revisione del 2010 del Codice della Proprietà Industriale ha trasfuso anche nel nostro diritto interno.
Tuttavia l’introduzione di una nuova tecnologia permette spesso di intervenire su prodotti già esistenti apportandovi modifiche più o meno significative, andando a creare quindi oggetti in qualche misura “nuovi” che, in alcuni casi, possono essere oggetto di protezione autonoma e in altri possono però andare a interferire con i diritti che ancora sussistano sugli oggetti “originari”.
Ovviamente il settore dell’illuminazione non fa eccezione ed anche qui le nuove tecnologie (una per tutte: l’avvento dei LED) danno vita allo stesso tempo ad opportunità e problemi per i designer e per le imprese.
Le opere “derivate”
Sia il diritto dei brevetti, sia il diritto d’autore conoscono anzitutto la categoria delle cosiddette opere “derivate”: in particolare, le invenzioni derivate sono quelle che non si possono attuare senza pregiudizio dei diritti su un brevetto ancora in vigore.
Tutti i perfezionamenti inventivi, ed anche quelli che semplicemente apportano al prodotto una maggiore efficacia o comodità di applicazione o di utilizzo, sono cioè a loro volta proteggibili, rispettivamente con il brevetto per invenzione (che dura vent’anni) e con quello per modello di utilità (che ne dura dieci ed esiste però solo in alcuni ordinamenti, tra cui c’è anche quello italiano), che quindi è senz’altro consigliabile depositare, perché la brevettazione è necessaria per il sorgere del diritto.
Tuttavia l’attuazione di queste nuove creazioni è possibile solo dopo la scadenza del brevetto anteriore da cui “dipendono”, oppure ottenendo il consenso del titolare di esso: solo per le innovazioni veramente “rivoluzionarie” (quelle che, come recita testualmente l’art. 71 del Codice, rappresentano “un importante progresso tecnico di considerevole rilevanza economica”) è possibile ottenere una licenza obbligatoria, per poterle attuare anche senza il permesso del titolare dei diritti sul brevetto anteriore, ma anche in questo caso pagandogli una royalty.
Una disciplina analoga sussiste nella materia del diritto d’autore, che è particolarmente importante nel caso del design, anche se nel nostro Paese la protezione di diritto d’autore delle opere del disegno industriale è ammessa solo per le creazioni di più rilevante qualità: quelle, per intenderci, considerate dalla critica capolavori del design o addirittura esposte nei musei.
Se l’opera sulla quale si interviene è ancora protetta (e questo è tutt’altro che improbabile, visto che il copyright dura sino alla scadenza del settantesimo anno successivo alla morte dell’autore), l’esclusiva riservata al suo titolare comprende anche le elaborazioni di essa, cioè le varianti che conservino comunque gli elementi espressivi dell’opera originaria.
È invece sempre consentito trarre semplicemente “spunto” dalle opere preesistenti per realizzarne di nuove, che delle prime riprendano soltanto lo “stile”.

Opere derivate: vale il criterio dell’”impressione generale”
La categoria delle opere derivate non esiste invece rispetto al design registrato (e a quello non registrato, che però ha una protezione di durata solo triennale, mentre gli effetti della registrazione, se viene rinnovata di quinquennio in quinquennio, possono arrivare a venticinque anni complessivi): qui infatti tutto ciò che ha accesso alla tutela per definizione non rientra nell’esclusiva attribuita alle opere precedenti, perché lo stesso criterio che serve per stabilire se un’opera è proteggibile serve anche a stabilire se essa non viola i diritti altrui.
Il criterio è infatti sempre quello dell’impressione generale: se la nuova opera produce un’impressione generale diversa da quella suscitata dalle opere preesistenti, essa in pari tempo è considerata meritevole di tutela ed è esclusa dall’ambito di protezione di tali opere anteriori.
Ciò che è richiesto è tuttavia una differenza visibile e in grado di incidere sulle caratteristiche dominanti del modello: l’adozione di una nuova tecnica può dunque dare luogo ad una nuova opera protetta solo se è suscettibile di riverberarsi in modo significativo anche sul piano estetico.
In caso di adattamento di opere ancora protette
Un caso ulteriore, particolarmente problematico, è poi quello dell’adattamento di esemplari preesistenti di opere ancora protette, reperiti sul mercato, installandovi nuove tecnologie: per esempio, realizzando l’illuminazione a LED su un esemplare di lampada ancora tutelata dal diritto d’autore, originariamente concepita per essere usata con una sorgente di illuminazione tradizionale.
Se questa modifica viene svolta in proprio da un soggetto che usa la lampada in ambito privato, ovviamente nessun problema si può porre: ma se si tratta di un’attività che viene svolta professionalmente, allora il tema è più complesso.
Se è vero, infatti, che, di per sé, una volta che l’originale è stato messo in commercio con il consenso del titolare dei diritti, questi diritti si sono “esauriti” (perché sono già stati compensati appunto con tale acquisto), va tuttavia segnalato che la legge consente espressamente al titolare di opporsi all’ulteriore circolazione degli esemplari quando abbia “motivi legittimi” per opporsi a tale ulteriore circolazione: ed è ragionevole ritenere che questi motivi sussistano quando l’effetto estetico che l’adattamento comporta sia significativamente diverso da quello “originale”.
Se poi la lampada, come di regola accade, reca un marchio (o la sua stessa forma ha valore distintivo che prevale su quello estetico ed è quindi tutelabile come marchio di forma: il che non è escluso che possa accadere per prodotti particolarmente famosi), allora anche il marchio può essere fatto valere, se il prodotto è stato modificato; e lo stesso accade di regola se il prodotto è brevettato.
Infatti, calandosi nella concretezza di questi diritti, se per i marchi possono assurgere a motivi legittimi per opporsi all’ulteriore circolazione tutte e solo le modificazioni cui il prodotto sia stato sottoposto dopo la prima messa in commercio tali da compromettere la sua funzione di strumento di comunicazione, attribuendo al titolare la responsabilità per qualcosa che non voleva in realtà commercializzare o pregiudicandone la reputazione, invece per i diritti che riguardano le innovazioni si tratterà di attribuire al titolare il diritto di vietare gli usi o l’ulteriore circolazione dei prodotti coperti da tali diritti che comportino lo sfruttamento di utilità diverse rispetto a quelle da lui concesse in occasione della prima commercializzazione, ma comunque comprese nell’esclusiva.
In particolare, dunque, tale diritto sussisterà quando l’acquirente della lampada brevettata o i suoi aventi causa l’abbiano modificata in modo da ottenere risultati diversi da quelli ottenibili con la lampada originaria, magari coperti da un brevetto ulteriore, ma tali da costituire ancora attuazione di quel primo brevetto.
Vietata la costruzione ex novo di copie adattate alla nuova tecnologia
Certamente vietata, infine, è, almeno in linea di principio, la costruzione ex novo di copie “adattate” alle nuove tecnologie di lampade ancora protette, anche se “modificate” ed anche se contenenti (anche) componenti originali, provenienti da altri apparecchi di modello diverso o dello stesso tipo.

Anche nel caso di questo assemblaggio, infatti, non viene in considerazione la riparazione di un prodotto complesso – che, almeno rispetto alla protezione del design registrato e non registrato sarebbe “scriminata” dalla cosiddetta clausola di riparazione –, ma un’operazione di carattere diverso, come tale soggetta alle regole ordinarie.
Dunque, il panorama delle diverse ipotesi è estremamente complesso: e solo rivolgendosi a un esperto è possibile essere sicuri di fare la cosa giusta e di proteggersi nel modo corretto.
(Avv. Prof. Cesare Galli, Studio IP Law Galli, Milano)