Luoghi di lavoro

Architettura e luce intelligente

 

Giò Ponti, Gli Uffici Montecatini a Milano (courtesy photo: Molteni Museum)

Uno spazio che propone una serie di casi esemplari della relazione fra luce e design, declinati ogni volta da una parola guida.

Parola guida: LUOGHI DI LAVORO

Agli inizi del XX secolo la progettazione di officine come la Turbinefabrik di Peter Behrens o la Faguswerk del suo allievo Walter Gropius, con le grandi vetrate continue, ha permesso di costituire i fondamenti del rapporto spazio-luce dell’architettura contemporanea, mentre le ampie pareti finestrate dei laboratori di orologeria di La Chaux-de-Fond, costruite per accogliere la luce solare fino alle ore più tarde del pomeriggio, hanno largamente ispirato le architetture del suo cittadino Jeanneret-Le Corbusier.

In Italia, nel 1938 la fabbrica Olivetti a Ivrea di Figini e Pollini e gli uffici Montecatini a Milano, progettati da Gio Ponti, rappresentarono due esempi evoluti di integrazione tra illuminazione naturale e artificiale nei luoghi di lavoro, con illuminazioni adeguate alle differenti attività: entrambi i progetti recepivano e interpretavano l’innovazione introdotta dalle sorgenti fluorescenti lineari.


Fabbrica Olivetti Ivrea, 1936: illuminazione a luce indiretta della sezione controllo macchine per ufficio
Uffici Montecatini, Milano 1938: varie soluzioni di illuminazione dei differenti tipi di ufficio (courtesy photo: Molteni Museum)
Uffici Montecatini, Milano 1938: varie soluzioni di illuminazione dei differenti tipi di ufficio (courtesy photo: Molteni Museum)
Uffici Montecatini, Milano 1938: varie soluzioni di illuminazione dei differenti tipi di ufficio (courtesy photo: Molteni Museum)
Uffici Montecatini, Milano 1938: varie soluzioni di illuminazione dei differenti tipi di ufficio (courtesy photo: Molteni Museum)

Il nuovo secolo e ‘la luce in rete’

Oggi, che all’innovazione nelle sorgenti luminose si affianca quella relativa alle potenzialità dei sistemi connessi alla rete, dovremmo chiederci come sta cambiando la luce nei luoghi di lavoro.

Illuminazione degli show room della Roveda Srl (courtesy photo: Linea Light Group)
Illuminazione degli show room della Roveda Srl (courtesy photo: Linea Light Group)

Nel 2009, in un articolo su questa rivista (Luce e Design n.2/2009) intitolato ‘Hyperhabitat, la lampadina collegata a Internet’, proponevo una riflessione sul futuro del rapporto tra luce e connettività. Se allora eravamo probabilmente in anticipo (il concetto di Industry 4.0 apparirà nel 2011), il tema è ora diffusamente trattato e variamente affrontato, tanto che il concetto di Internet of Things è stato tradotto, nel campo della luce, in quello di Internet of Lights.

Il controllo elettronico della luce, con la possibilità di una sua regolazione in funzione della presenza o assenza di attività, della luminosità esterna, della stagionalità o di altri parametri non richiede, di per sé, un sistema connesso. Ciò che la connessione degli impianti di illuminazione alla rete può favorire è una maggiore adattabilità della luce a condizioni ed esigenze particolari, collettive o individuali e una migliore possibilità di gestione energetica e funzionale degli edifici.

Inoltre, la capacità di “autoapprendimento” dei sistemi connessi, attraverso sensori ambientali e software di gestione delle informazioni – ha fatto scuola, in questo senso, il termostato Nest progettato da Tony Fadell – può fornire risposte più mirate, sul piano del benessere visivo come del risparmio energetico, in spazi di lavoro in cui la presenza e i tempi di permanenza delle persone hanno perso il carattere di continuità e costanza.

L’illuminazione rappresenta un aspetto importante della ricerca sugli smart buildings: l’interesse dei progettisti di sistemi è nelle potenzialità offerte dall’integrazione agli apparecchi di sensori di presenza e di funzionamento di impianti tecnologici. Il vecchio “punto luce” diventerebbe, in questa visione, un nodo connesso che genera informazioni su una determinata porzione di spazio e sul suo utilizzo, interagendo con la presenza umana o i fattori ambientali. Che a questo scenario corrispondano aspettative industriali è dimostrato dall’attività di aziende che orientano i progetti dei propri centri di Ricerca e Sviluppo sulle tecnologie di connessione in rete.

In quegli spazi di lavoro dove invece la presenza umana rimarrà un elemento significativo, il progetto della luce manterrà sempre e comunque il suo valore di ricerca in rapporto alla centralità delle funzioni e dei compiti visivi delle persone.

(Dario Scodeller – critico e storico del design, Venezia)